F I N I S H E R
108 ORE 1 MINUTO
[17o scratch, 5° cat. VETERANI … ahh la categoria!]
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Ultra-Terrestre …
La montagna è la mia fortezza
Testo di Cristian Agnoli, #ditipo1, VR
“Ultra-terrestre portami via, voglio una vetta che sia tutta mia.
Ultra-terrestre vienimi a pigliare, voglio una montagna su cui ricominciare”
Do you Speak Swiss? No, I do Swisspeaks! [Parli svizzero? No, io suisspicco!]
Questa la traduzione un po’ forzata del mio slogan fai-da-te pensato nelle 108 ore e 1 minuto di gara … piaccia o non piaccia, anche questo il mio cervello ha prodotto. E dunque “suisspiccare” dovevo e “suisspiccato” ho!
Ci hanno pensato le gambe e una settimana magica (e tutto il 2018 forse ….) con un crono migliore di ogni mia più ottimistica previsione.
E ancora più gratificante per le sensazioni prima, dopo e durante e per il “terreno” di corsa affrontato, al netto di chilometri e dislivello positivo (c’erano tutti!)
Alla luce di una preparazione metodica e senza “intoppi”, un risultato non frutto del caso (anche se la fortuna ci vuole sempre!)
Avevo la consapevolezza di poter fare bene: 200 giorni, 145 allenamenti trail, 90000 d+*, 2000k, cui aggiungere una decina di uscite in bici e la Swisspeaks … con i suoi 360k e 26000d+.
[*90.000+ gara esclusa, sembrano pochi rispetto a mie precedenti preparazioni, ma praticamente lì ho cumulati tutti da metà maggio in poi, in quanto prima sono stato un mese in Giappone e per altre 3 settimane ho limitato il dislivello perchè impegnato in un progetto scientifico legato alla corsa su strada (10k in pista, mezzamaratona … du palle!)]
[per la preparazione vedi sessioni dedicate … roba pesante!”]
Lungi da me ergermi a preparatore atletico o vate dell’endurance trail. Resto fondamentalmente un #minkiatrail.
Qui racconto della mia preparazione (“adattata alla mia condizione di runner amatore medio, ultra-40 enne, etc. ”), della mia gestione metabolica e nutrizionale (#hoildiabeteditipo1 ….) e di quello che ci gira intorno.
Io, o mi alleno così, o non vado da nessuna parte. Può sembrare “eccessivo” … sembra una preparazione da top runner, o da invasato: l’annotare, il trascrivere, l’analizzare sommariamente frequenze, VAM e altri dati atletici, oltre a sensazioni, recupero e statistiche mirate, è l’unico modo che ho per trovare motivazioni, concentrazione e i riferimenti necessari a conquistare la confidenza, la consapevolezza e la strategia necessarie per concludere “nel piacere e con piacere” una prova di ultra endurance che con il “piacevole” poco c’azzecca, almeno così parrebbe.
Io non posso approcciarmi a queste prove di “forza” puntando sulla “spinta” e sulla “genetica” … non sono un extraterrestre come il mio amico Tor Maistri.
Io resto un semplice “ultra-terrestre”: quelli che per andare forte devono saper andare piano … e soprattutto mantenere i piedi saldamente per terra! Sempre: vietato illudersi e sognare …
Farei la firma a vita per un endurance trail come questo, dove quasi tutto è “filato liscio come l’olio”, fin troppo spesso in “zona confort”, ovviamente un confort diverso da quello del senso comune, nella fatica, ma senza “sconforto”.
Ci sono stati i “magic moments”, ma anche “momenti e mementi di difficoltà”.
#crisismanagement
- Prima notte. Dal km 42 (Chaeserstatt) al km 56 (base vita Binn) ho avuto un po’ di nausea. Ma prima o poi doveva capitare. Quest’anno mai avuto un problema. Troppo bello per essere vero. Ho dovuto rallentare, gestire e ho perso definitivamente di vista Francesco.
Per me il primo giorno è sempre difficile. Il primo 2800 è stato tutto una preoccupazione, anche se nella parte finale della discesa cominciavo a stare meglio. Alla base vita ho usato la testa. Vietato abbattersi. Brodino, un biochetasi. Fare la cosa giusta! Calma e fregatene degli altri. Ho salutato Sandra, nel frattempo giunta alla base vita, e mi sono steso su un tavolo nel dormitorio (i letti erano tutti occupati). Ho dormito 5 minuti prima di essere svegliato da un crampo al piede. Poi sono rimasto altri 5 minuti orizzontale. Il senso di nausea completamente sparito. Metodicamente mi sono preparato alla ripartenza, ho eseguito tutto quanto previsto dalla mia checklist e mi sono messo di buon passo, anzi ho fatto una bella rimonta fino ai 2600 metri del Saflischpass, da dove ho proseguito in compagnia di Sandra qui recuperata (durata sosta circa 1h30 … nelle mie note pregara prevedevo 1 ora) - Discesa da Cabanne de Mille e risalita a Champex Lac km 230-250: un po’ di sonnolenza cui ho rimediato con due microcicli di sonno di 3 minuti sdraiato sui prati assolati a bordo sentiero. Puntando poi alla base vita di Champex Lac per un più lungo sonno di recupero (vedi sotto).
- Col de Emaney 2440 mslm: 280° km circa … crisi da privazione di sonno, conseguenza del riposo interrotto da una telefonata di lavoro alla base vita di Champex Lac (k 250) dove scioccamente non avevo messo il telefono in modalità aereo. E la notte ha presentato il suo conto. Equilibrio precario, poca spinta, ansia e un po’ di apprensione perchè ero in una situazione (2400 mt di quota) dove fermarsi e riposare non era cosa saggia da fare.
Poi ho aspettato un concorrente superato da poco, che però aveva gli stessi problemi miei, anzi molti di più, visto che lui era anche svuotato di energie. Mi sono fatto forza sulla salita più ripida che io abbia mai affrontato in vita mia.
E mi sono ripreso. Ho constatato poi, che le sensazioni della mancanza di sonno sono simili a quelle dell’ipoglicemia. Solo che la seconda volta era ipoglicemia. Due gel (45 gr di cho) e sono arrivato all’Auberge di Salanfe con la lucidità necessaria per buttarmi su un materasso di una stanza riscaldata e dormire per un’ora e trenta e resuscitare.
Da qui in poi sono andato fortissimo (tutto è relativo). Con un approccio più cattivo (e se mi fossi informato su chi mi precedeva come facevano TUTTI GLI ALTRI in gara) potevo dedicarmi al “corpo a corpo” nei rimanenti 80 km finali 🙂 adesso faccio troppo il cagacazzo… però! Fermatemi o divento antipaticone e saccente. Ah no, quello lo sono già #minkiatrail.
Nei miei appunti pregara, cito testuale, indicavo tra i 200 e 250 km il momento più critico per il sonno e gli ultimi 30/60 per attaccare un po’ se ne avevo. Della serie “era già tutto previsto”
#errorifutili:
- un paio di sbagli di percorso (brevi) e dovuti ESCLUSIVAMENTE a mia distrazione e che mi saranno costati in totale sì e no 5/10 minuti in totale.
- Non mettere il telefono in modalità aereo alla base vita di Champex Lac
- Lasciare andare Nicolas alla ripartenza da Morgins… e non andare a riprenderlo.
- Guardare la classifica troppo tardi (a 30km dalla fine), quando era dal 290° km che avvertivo sensazioni buone e sicurezza tali da permettermi di attaccare e mettere nel mirino concorrenti con distacchi entro le due ore. Ma cagnacci si nasce, non si diventa! Il corpo a corpo mi fa ancora troppa paura … perchè non mi sono mai allenato a farlo, se non con qualche minkiatrail
- mangiare una fetta di salame pieni di nitriti e conservanti, che mi é rimasta sullo stomaco e nell’alito per ore…
#Momenti di “fugace” nervosismo:
- Quando il Tor mi mette fretta … e io c’ho da fare il mio checklist … e rileggerlo dall’inizio !
- Quando la famiglia è mancata agli appuntamenti (premetto che era difficile incrociarsi visto che il livetracking non funzionava e che la mia compagna aveva al seguito, oltre ai due piccolini, 3 ultrasettantenni: suoceri e la mia mamma!).
- Quando alla base vita non ti trovano la borsa …
- Con me stesso perchè mi sono innervosito ai punti di cui sopra..…
#Momenti belli: tutti gli altri. Ma in particolare provare quasi sempre la sensazione di avere un po’ di “margine” e dunque di poter recuperare posizioni. Quando andavo piano, avevo comunque il ritmo di chi mi stava davanti, e quando appena appena spingevo recuperavo posizioni o tempo. In effetti dal Passo del Sempione in poi non mi ha superato più nessuno (sonni e pause permettendo), ma durante una frazione secca, a parte l’amico Tor, nessuno mi ha mai asfaltato sul “passo”. Piccole soddisfazioni a posteriori, e piccole “certezze” che servono a “corazzarti” un po’ in un susseguirsi di episodi che possono cambiare in un secondo il tuo destino.
#Momenti indimenticabili :
- Dodici ore dopo la fine della gara, nell’appartamento di Le Verbier: abbraccio la mia compagna e scoppio a piangere come un bambino…. Perché sono stato burbero e 6 mesi di preparazione per bravo che sei minimo trascuri la famiglia…. Queste sono esperienze totalizzanti. Il rischio del crack negli equilibri famigliari e affettivi è enorme. Chi lo nega è perchè ha già fatto crack … e la moglie si è già trovata l’amante!
- Quando Beniamino mi urla “papàààà” dal finestrino dell’auto incrociandomi dopo Planproz. Quando Beniamino mi fa pugnetto amico. Quando Cherubina mi abbraccia appena sveglia alla base vita di Champex Lac.
- Quando uscito dal ristoro di Morgins, k 320, incrocio un papà che gioca a calcio con i figli, mi faccio passare la palla, tiro e faccio gooool!
- Quando il Tor si fa la direttissima della funivia del Sorebois asfaltando e annichilendo tutti (pure uno svizzero gasatello che addirittura si ferma incredulo a osservarlo salire dopo essere stato superato al triplo della velocità). E io dietro mi metto a ridere. Poi per fortuna lo recupero in discesa.
- Quando abbraccio Sandra il pomeriggio del suo arrivo. Ci siamo lasciati al k 113, a dire il vero anche un po’ prima, ma oramai avevamo tutti capito che la ragazza NON AVEVA più bisogno di nessuno per arrivare. Il suo processo di adattamento ai lunghi percorsi è completato.
- L’intervista per caso con Silvano Gadin al km 325 … dove manifesto uno stato di grazia tale da mettere in difficoltà intervistatore e cameramen
- Cagare sul sentiero scendendo a Champery
- L’ultima discesa sotto la pioggia battente dentro il mio guscio di Goretex. Quando ti senti INVINCIBILE. Quel senso di effimera ETERNITA’ e IMMORTALITA’ che ti entra dentro le viscere. Appena superi la finish-line tutto finisce, e torni un comune mortale. Ma quelle sensazioni, al limite della commozione, ti restano dentro, per sempre. Un piccolo momento emozionale che ti tieni dentro, e ti dimentichi pure di piangere (salvo farlo magari il giorno dopo mentri abbracci chi ti vuole bene … vedi sopra!)
Un momento di laica “religiosità” cui forse il trail non merita di essere eletto. In fondo facciamo solo quello che siamo programmati a fare. Restiamo in ballo, impossibile interrompere l’ineluttabile. Il conto alla rovescia della vita prosegue, ma quello che ci è stato concesso da un endurance trail, ovvero morire e resuscitare più volte, ci fa apprezzare ancora e di più “il midollo della vita” (cit.Tor) e il ritorno a casa, UNICO E VERO MOTIVO per cui si parte. Per ritornare, non per scappare! Sempre! E per quanto mi riguarda, senza scomodare Dio.
Chi salirà la montagna, chi ha mani innocenti, cuore puro… e una casa dove ritornare!
“Ultra-terrestre portami via, voglio tornare indietro a casa mia
Ultra-terrestre non mi abbandonare, voglio tornare per ricominciare”
#Sonno: in totale ho dormito 7h20 su 108 … molto meno rispetto alla PTL 2016 (14 h in 123 ore).
Confermo che conta la qualità del sonno e non la durata totale. Le interruzioni del sonno breve, in particolare, sono letali.
Ritengo comunque un sonno di 90 minuti filati più che sufficiente a farti fare parecchie ore successivamente con brillantezza. Certo che avere una buona tolleranza alla privazione di sonno è caratteristica utile per chi si approccia a questo tipo di prove.
#Soste: ho gestito bene le pause anche se ho fatto più fatica del previsto a leggere (ed eseguire) la check list, annotare i dati, ragionare su cosa fare … ma ci sono riuscito, alla fine sono arrivato. Non sempre ero ordinato con le cose che tiravo fuori dalla borsa e faticavo a restare CONCENTRATO. La concentrazione è tutto. Se poi qualcuno mi mette fretta, tipo il Tor, mi inviperisco.
Devo però migliorare per future prove. Ma tanto ho detto che non farò più cose del genere.
#Performance: sicuramente da “incorniciare”… mi ero riproposto di “tenere” sempre un po’ in salita per essere più scorrevole nei tratti pianeggianti e in discesa. Muscolarmente ho reagito bene (zero crampi, zero gambe dure, zero dolori). E anche atleticamente. Mai in affanno, piccola crisi di sonno a parte.
In effetti sono sempre stato sorprendentemente brillante in down-hill, mio atavico punto debole, grazie anche alla pressoché totale assenza di problemi ai piedi (vesciche, abrasioni, piaghe, dolori etc.). Un’unghia nera e una innocua vescica sulla punta del mignolo del piede dx. A ottobre ho il controllo del piede diabetico. Vediamo!
#ATTREZZATURA: Zaino Montane 10 lt … comodissimo. Forse un po’ piccolo, però ci ho messo tutto quello che serviva. Ottimi alcuni moschettoni estensibili per l’ecotazza (gobelet), il roadbook e il porta telefonino che ho aggiunto.
Ho rotto i bastoncini nell’ultima discesa … amen. Avevano minimo 5 anni.
Scarpe Hoka Mafate Speed 2 tutta la vita. Dal 200° km indossata seconda calzatura di scorta, ma mezzo in numero in più. Piedi sempre in zona confort.
Ginocchio sx … un po’ di dolorino. Ma ci sono abituato. Preso un solo sinflex preventivo in 5 giorni.
Goretex, antivento ok. Gestione cambio abbigliamento perfetta. Nessuna abrasione.
Capi pesanti e termici non utilizzati. Gps, powerbank, ricarica frontali e telefonino: tutto a posto.
#FAMILY FIRST
I programmati incontri con la famiglia previsti dal martedì in poi, mi hanno sicuramente fatto perdere del tempo, ma il fatto di sapere i miei cari lì è stato un vero “turbo psicologico”. E mi ha aiutato a spingere, anche solo per l’illusione (e non la certezza) di incontrarli.
@La Sage k 180: fermo due ore invece di un’ora (e ho perso il traino dell’amico Francesco, che comunque avrei mollato lo stesso perchè è troppo forte!): ho dovuto aspettare che la mia compagna arrivasse, ne ho approfittato per dormire una ventina di minuti … ero cattivo come la bile. Poi mi sono calmato, bisogna fare di necessità virtù: riposiamo e aspettiamo sorridente la famiglia.
Era il 6° compleanno di mia figlia e dovevo mangiare la torta! Fanculo la gara!
@Planproz k 220: tempistica perfetta! Brava Monica! Pugnetto amico con Beniamino!
@Champex-Lac k 250: famiglia presente, ma il sonno interrotto non mi ha fatto bene. I bambini dormivano in auto. Poi stavo per ripartire, i bambini si svegliano, torna indietro, saluti, abbraccioni, in ginocchio, rialzati, ahi che male, riparti!
Alla Bovine cattivo e spedito! Champex-Lac è la più brutta base vita del mondo (=UTMB).
@Champery k300: famiglia non pervenuta. Ma meglio così, perchè ho fatto doccia, “cagatona” in cesso fantastico, mangiato e sistemato tutta l’attrezzatura visto che era l’ultima base vita.
Fatto mente locale, gestito energie residue e concentrazione. Dovevo stare solo!
@Morgins k320: tempistica perfetta, famiglia ritrovata. Bambini che correvano con me, felici e urlanti. Sosta di 45/50 minuti. Troppo lunga, ma credo che i benefici su mente e umore mi abbiano fatto recuperare almeno metà del tempo nei 40 km successivi. L’intervista con Silvano Gaudin ne è la prova
@arrivo: famiglia non pervenuta. Era l’una di notte! Just me myself & I.
#TorMaistri … resti lo spilungone più simpaticamente scorbutico del panorama trail nazionale e internazionale. E con il tuo potenziale chissà dove puoi ancora arrivare.
Questa volta non dire che mi hai aspettato per aiutarmi… perchè quando lo hai fatto è stato anche per tua “convenienza”. Resto cmq più simpatico e gradevole compagno di viaggio notturno di qualsiasi trailrunner francese. E condividere l’Augustbordpass assieme, oltre all’ora e venti di sonno nella stalla di Bluomatt rimarrà qualcosa di indimenticabile. L’allievo resta al suo posto … il maestro sei sempre tu!
Ma in realtà, provocazioni a parte, non ho mai nemmeno pensato di poterti arrivare davanti. Magari più vicino sì, ma ti lascio il dubbio di quanto vicino. Con la scusa della famiglia mi sono lasciato staccare un po’ di più giusto per non correre il rischio che mi aspettassi di nuovo e di passare un’altra notte con te. #sayNOtoTOR
#laSandra … ora puoi andare da sola “#iocorrodasola”
#Luca … 200 non sono pochi, ma avresti voluto i 360. Alle ginocchia non si comanda! Resti il più grande autista di camper del mondo.
#Swisspeaks360 … gara tosta. Poco considerata dal movimento trail mainstream che non ha occhi, orecchie e invasamento che per UTMB, Tor de Géants, World Trail Tour etc … tutto il resto è roba da sfigati!
La Swisspeaks non è il “summit” mondiale del trail e nemmeno è paragonabile all’atmosfera del Tor (che io non conosco ma immagino): unica e irripetibile. Sono anche parzialmente d’accordo. Ma a me piacciono le corse da sfigati.
Un po’ colpa anche degli organizzatori, che non si sono spesi in una campagna pubblicitaria massiva … forse volutamente. Essendo una prima edizione, avere già 600 atleti al via con pretese era troppo rischioso. Meglio una pattuglia di 300 diseredati (trombati dal Tor, accademici, insofferenti ai ballottaggi, o che pensavano di vincere facile…)
Convintissimo trattarsi di percorso su alte vie corribili. “Vedrai che mica ti fanno fare cose assurde, saranno mica pazzi questi?”. Invece, quando ho visto chi c’era nell’organizzatore, Julien, già vincitore della PTL 2016, ho capito che l’impostazione del tracciato poteva regalare piccole sorprese (dritti per dritti, ravanage, passaggi tecnici, catene e corde, creste e crestine e avanti così).
Sinceramente non mi aspettavo tanta verticalità “cattiva” e passaggi tecnici. Per intenderci la tanto temuta salita di Bovine, un classico UTMB, é tra le più facili da affrontare.
Aggiungiamoci una tracciatura in alcuni segmenti addirittura “irritante”… ovvero alla ricerca ossessiva del ravanage o del passaggio tecnico, dello scalino, al momento inopportuno, quasi a prendere in giro il trailrunner … e io ad un certo punto ho scelto di ridere, e ridevo ogni volta che c’era un passaggio “sadico”.
Quando arrivi alla cresta della montagna più cattiva del mondo, voglio sbellicarmi dalle risate, come al Casello di Carisio!
Il percorso in attraversamento del Vallese (Valais, Wallis) dunque non mi ha deluso, anzi. In particolare la parte centrale di gara con una serie di over 2800 davvero impressionanti in concatenazione.
A parte i primi 100 km, dalla base vita di Eisten (k113) nei 200 km centrali la corsa presenta caratteristiche PTL style: segnalo, agli amanti del difficile, l’Augustbordpass e il Grand Desert – Col de Louvie.
Qualche passaggio noioso o non logico per carità, ma penso in una gara da 300 e più km sia inevitabile.
Dai ghiacciai al lago … secondo me hanno tirato fuori il massimo o quasi paesaggisticamente parlando, in una organizzazione che ha mostrato qualche pecca, ma i pionieri del trail si ricorderanno gli errori anche delle prime UTMB o dei primi TdG.
10 anni fa si perdonava di più, adesso se sbagli (basta una balise messa male….) sei morto!
Altri limiti dell’organizzazione: la borsa di gara realizzata con materiale scadente …. cerniere e tessuto strappato nel 90% dei casi. Un peccato perchè poi la borsa sarebbe anche un bel ricordo da conservare negli anni. Invece …. Comunque scotch americano, spago e “handle with care” da parte dei trasportatori e tutto il materiale mi ha seguito fino all’arrivo senza perdere pezzi.
Logistica: certamente 4 ore di treno locale per arrivare alla partenza di Oberwald, per chi ha scelto di piazzare il camper all’arrivo, non sono l’ideale di un pregara, ma devo ammettere che il treno era comodo, puntuale e non particolarmente affollato.
Servizio gps no comment, ma qui bisogna capire se gli organizzatori si sono affidati a ditta non affidabile o se sono stati traditi …. dalla tecnologia! Concediamo il beneficio del dubbio.
Assistenza sul percorso … a parte ristori, basi vita, qualche paese in attraversamento e un po’ di escursionisti sulla discesa dal Col de Torrent verso La Sage, NESSUNO! Ripeto … Nessuno!
Questo se è una pecca o un pregio lascio alla sensibilità di ciascuno verso il trail, l’autosufficienza e il concetto di sicurezza.
#Basi vita: la prima base vita di Binn troppo piccola e angusta per ospitare 300 concorrenti che sarebbero arrivati lì tutti raggruppati in massimo 5/6 ore….
#Assistenza: in gara mi sono reso conto che almeno nelle prime 40-50 posizioni gli unici a essere senza assistenti eravamo forse io e i miei compagni di ventura. O siamo troppo solitari noi, oppure è normale anche se sei un “pinco pallino” e arrivi “esimo” degli “esimi” (a parte Francesco che è arrivato nella top ten) avere qualcuno che ti segue passo passo, ti prepara la maglietta, le ciabatte, ti infila un panino in bocca, ti dice quanti nei hai davanti, quanti dietro, quanto si è fermato quello prima, che faccia aveva e quanto ha dormito e idem per quello che ti segue, infatti prima di ripartire per il prossimo punto di incontro aspetti di vedere chi arriva, come sta e cosa fa per andare a riferirglielo successivamente.
Noi invece TUTTO alla come riesce … e a nostra insaputa: così è che ci piace!
In alcune basi vita i pochi assistenti presenti a volte intralciavano le operazioni. In particolare a me è capitato che stavano proprio davanti alle borse e quindi ho dovuto aspettare 5 minuti prima che i volontari la trovassero, perchè c’erano questi qui che le nascondevano alla vista, invece di stare in un angolo appartati ad aspettare il loro campione 🙂
Se non lo avete capito io sono per l’ABOLIZIONE dell’assistenza personale (torte di compleanno escluse!).
#Volontari: forse perchè parlo e comprendo bene sia il francese, sia il tedesco, ho avuto una bellissima empatia con i “bénévoles” e sinceramente non posso chiedere di più. Anche per loro era una prima volta.
#sicurezza … Gara in cui sei lasciato pressochè al tuo destino: a parte ristori e base vita non c’è nessuno sul percorso.
Puntavano tutto sul sistema di tracciamento satellitare per garantire la sicurezza, che però non ha funzionato.
Cosa che può spaventare chi è abituato a essere coccolato /tracciato come a UTMB e TOR dove forse di gente in giro sul percorso ce n’è fin troppa e delle reali capacità di autonomia personale si può anche fare a meno, perchè puoi sempre contare su qualcuno.
Qui no! E solo un meteo “clemente” mi/ci ha evitato di confrontarci con le nostra reale forza mentale, la paura e il “cagasotto”. Questa volta solo un po’ di assuefazione alla solitudine e al “keep calm e trova la balise”. Oltre a incrociare le dita e sperare di non farsi male. E dunque 190 finisher su 326 partenti.
Balisaggio a mio avviso quasi impeccabile (e comunque solo il pensiero di quanto lavoro c’è dietro il balisaggio di così tanti km merita per lo meno toni “pacati” nella critica), a parte brevi tratti dove o per le mucche mangia bandierine o la scarsa visibilità (e forse qualche errore dei balisatori) assieme alla conformazione del terreno hanno reso difficile (ma non impossibile) l’individuazione del percorso, soprattutto all’imbrunire. Ma di notte il catarinfrangente si vedeva a km di distanza.
Dio come ho amato quelle bandierine … le due cose che ami di più sono il tuo zaino e le balise. Poi i ristori e le basi vita.
In ogni caso era sempre possibile fermarsi, accendere il cellulare, aprire le mappe e capire la direzione. E anche usare la traccia del gps, sempre se ti eri ricordato di caricarla, vero Tor?
Se non lo fai perchè sei pigro, stanco o semplicemente non accetti di farlo perchè pretendi un balisaggio impeccabile sempre e comunque, come fosse una maratona su strada e un diritto inalienabile garantito dalla Costituzione: allora la Swisspeaks (e a mio avviso anche il trail in genere) non fa per te, anche se, a dirla tutta, il movimento sta sempre più inseguendo la teoria del percorso praticamente transennato anche a 3000 metri di quota, con animazione, trombette e pe-pe-pe-pe-pe-pe-peee-pe-pe-pe-pe-pe-pee ovunque, stile Grande Fratello in ambiente outdoor, eletto e trasformato a prova di coraggio e auto affermazione personale con connessione 4G, cellulare acceso, videomessaggi, sovraesposizione mediatica, balletti, scarpe da trail ai piedi, zaino in spalla e vestiti come pagliaccetti (e io sono il più pagliaccetto dei pagliaccetti, ben inteso!)
Amici miei ….. Dove andremo di questo passo?
#dopogara… finire affermando di sentirsi freschi come una rosa sarebbe un falso storico anche se l’ultimo km l’ho corso con falcata ampia da stradista stordito.
Però credo di aver retto. Meglio rispetto a PTL 2016 e UTMB 2013… chi mi ha visto correre martedì 11 al trail after 8 può testimoniare la mia efficienza atletica.
Tuttavia 7 gg di stop assoluto e poi altri 7 gg di bici leggera e corsette da max 45 min. Bisogna rispettarsi.
Piedi gonfi nelle 48 ore successive. Ma già domenica sgonfi e lunedì perfetti. Vene a vista.
Mangio come un lupo, dormo ovunque appena posso e… ho gli alluci di entrambi i piedi un po’ formicolanti. Si chiama “parestesia”. Un mese e mi passa.
E un po’ di fatica sul lavoro. Mi pesano un po’ di più rifare i letti, pulire i cessi etc.
Ho fatti analisi cpk, ferritina ed emocromo completo a 7 giorni dalla gara. Ecco i risultati:
CPK 83 (0-171)
S-FERRITINA 50.3 (23.9-336)
EMOCROMO: tutti i paramentri nella norma.
Tra gli altri EMATOCRITO 42.8% EMOGLOBINA 14.3 PIASTRINE 313 …. mi fermo qui.
In ogni caso, storicamente, sono uno che recupera bene. Ma vedremo a ottobre quando tornerò ad allenarmi in vista dei nuovi obiettivi 2019 che per ora non svelo anche perché non ancora del tutto definiti.
#metabolicamente #diabeteditipo1
LA LETTURA DI QUANTO SEGUE A PROPRIO RISCHIO E PERICOLO! PESANTISSIMO MA FORMATIVO!
Sperando di non essere eccessivamente ridondante… ahhhh la ridondanza!
2200 gr di cho in 108 ore = 6481 minuti ovvero 20 gr di cho pro ora, 5,9 gr di cho per km effort (72 metri di dislivello a km) e 0,30 gr cho pro ora pro kg per un peso considerato di 68 kg. Ecco già adesso non avete capito un cazzo. Pazienza. Vado avanti 🙂
Siamo nel fisiologico, anzi forse un po’ sotto, perchè in realtà ho spinto pure. Comunque avevo come riferimenti i dati raccolti nelle 145 uscite della preparazione. Ovvio che poi va tutto riparametrato, ma partivo da una solida base di “conoscenza”. Mai fissarsi sui numeri, ma avere un punto di partenza è cosa buona e giusta. E quindi …
Ciò detto le risposte glicemiche non sono state quelle che mi aspettavo e che desideravo, ovvero sempre su valori più alti, dunque non auspicabili nel lungo periodo. Media 182 mg/dl (che per 108 ore di fila significa glicata a 8.0!). Time in range 70-180 per il 49% del tempo. Il resto sopra, sigh!
Come cambiano le considerazioni da fare, solo partendo dalla “durata” di una performance. Le stesse glicemie su una prova di ⅔ ore mi avrebbero detto: perfetto! In tutta sicurezza!
Bisogna stare sui 180 per non andare in ipo! Bravo!
A dire il vero può essere che il sensore sovrastimi lievemente e così parrebbe visto che le (poche) verifiche capillari che ho fatto sono sempre state più basse. Comunque possiamo concederci un 10/15% di tolleranza al massimo … siamo sempre “fuori” dal compenso auspicato e auspicabile, anche quando di mezzo c’è l’attività fisica.
Un po’ mi ha sorpreso, anche perchè ho spinto più di quello che credevo. Non è stata una gara col freno a mano tirato.
Impossibile fare analisi usando le linee guida, a maggior ragione su prove di questa durata. Qui servono solo formazione, conoscenza e testa accesa, sempre!
La testa è tutto, ed è la testa che mette assieme tutte le variabili e le priorità.
Queste cose però sono parte di un percorso individuale e personalizzato, che non si può portare avanti dentro un ambulatorio, anche fosse il più specializzato e all’avanguardia nella pratica sportiva con diabete di tipo 1.
Per questo io sostengo che l’ospedale deve fare l’ospedale: lo sport, quando agonistico, deve stare FUORI dalla portata del diabetologo e del team diabetologico. O meglio, questo non si deve intromettere troppo dove l’atleta ha sviluppato una sua capacità e una sua logica di gestione.
Invece, il medico competente ha la tentazione di dare l’aiutino, quello incompetente (di sport) deborda per definizione e il paziente ancora di più cade nella trappola di chiedere l’aiutino. E lo va a chiedere sempre e solo al diabetologo, non all’allenatore. E l’allenatore a sua volta … aspetta un attimo, hai il diabete, allora ti devo trattare diversamente. Per non parlare di tutti quelli che c’hanno la fissa che devono dimostrare che in realtà ci sono limiti fisiologici connaturati al diabete di tipo 1 e puoi sbatterti fin che vuoi, non c’è niente da fare. A parte che “chissenefrega”, a me basta andare così.
E avanti, torna il circolo vizioso e non ne usciamo più. Quanta strada ancora c’è da fare. Mi sembra impossibile. Siamo sempre alle solite. Eppure, come dice Mangiarotti, “abbiamo ragione noi”!
#basale: in base alla mia esperienza recente e passata …. Ho deciso di non abbassare la basale nei gg precedenti la gara e tenerla fissa perchè comunque mi sarei mosso meno e mangiato uguale se non di più. Addirittura potevo alzarla di un 20%. Infatti il compenso pregara non è stato buonissimo. Per la gara, invece, avevo deciso di usare questo stratagemma: spostare in avanti per ogni giorno di gara di 4 ore l’iniezione in modo da garantirmi comunque basalizzazione ma ottenendo così una graduale riduzione complessiva del 25% della basale sui 5 giorni di gara perchè 4 ore al giorno sono 20 ore … praticamente saltavo un giorno. Questo perchè tutti i dati raccolti mi dicevano univocamente che avrei aumentato la sensibilità all’insulina col proseguire dei giorni di movimento senza soluzione di continuità, Il tutto mantenendo un livello di integrazione di cho sui 0,30 gr cho pro ora pro kg, dunque in grado di essere ben assimilata dalla sinergia basale e movimento (ripeto, come testato in tante uscite lunghe e lunghissime anche su più giorni). In più alle basi vita, quando mi fermavo almeno tre ore, e mangiavo, facevo anche un bolo di insulina ultrarapida. Per tanto o in un modo o in un altro pensavo così di garantirmi la necessaria insulinizzazione per assimilare le generose integrazioni di gara (ma non così generosissime visto che andare forte in queste gare significa comunque stare in Z1 sempre con qualche digressione forse in Z2).

#Sensoretuttalavita. Questo ashtag non perchè io non osservi limiti e difetti dei sensori, ma perchè il sensore è oggettivamente meglio del pungidito, almeno nella valutazione dei grandi numeri, del time in range, della variabilità glicemica e di predizione della glicata e di come ci si è arrivati, oltre alle zone grigie che i pungidito non riusciranno mai a indagare, a meno di non farsi 30/40 glicemie al giorno e anche al lordo di quel 10/15% di margine di errore che anche il più accurato e innovativo sensore manifesta, connaturati alla rilevazione attraverso liquido interstiziale, alterabili, mi dicono, anche dalla disidratazione e dai fattori ambientali esterni: proprio quello che capita quando si fa sport di endurance all’aria aperta, guarda caso!
#timeinrange = tempo nel valore stabilito. I sensori sono sempre più affidabili e sono già diventati e diventeranno sempre più utili nel valutare il buon compenso, assieme alla glicata, che da sola, adesso, non dice più molto, o meglio, se è alta è alta e basta, ma quando è buona o discreta (6.0-7.5) questi fottutissimi strumentini ci aiuteranno a capire come è ottenuta. Già un time in range sopra il 5% per me è sintomo di numerose ipoglicemie e di tanto “defensive eating”, dunque di una glicata apparentemente buona ma figlia di scompenso = cattivà qualità della vita.
Non mi dilungo, ciò che voglio dire è che per capire se la gestione del diabete di tipo 1 è adeguata, vanno considerate non solo le glicate, ma anche e soprattutto il time in range (ovviamente se il sensore lo si porta per almeno 3 mesi di fila) e il defensive eating (annotare da qualche parte quanti litri di coca cola o di succo di frutta ingurgitiamo ogni giorno perchè siamo sempre in ipo pur di avere la glicata a 5.9% e quante ipoglicemie non avvertiamo più perchè siamo a 65 e stiamo …. benissimo! #a65bisognastaremaleperstarebene).
Questo benedetto “Defensive Eating” ovvero ciò che mangiamo in termini di zuccheri per riparare a ipoglicemie, è la cosa che richiede un livello di onestà intellettuale assoluto, perchè difficilmente accettiamo e riconosciamo di andare così spesso in ipoglicemia e di mangiare così tanto per riportare su i nostri valori glicemici.
Per quanto mi riguarda il mio livello di defensive eating è stato pari, nei 200 giorni di preparazione, all’1,9% del totale di cho introitati (pari a 324 gr die) con range tra un minimo di 0,8% (negli ultimi 21 gg) e max del 3,3% nella fase iniziale della preparazione. E vi assicuro che già quando il defensive eating è al 3,3% vuol dire che vai spesso in ipo. E ve lo dice uno che non ha di certo escluso i cho dalla sua dieta. Se penso che buona parte delle persone con diabete invece assume pochi cho, la percentuale in proporzione si alza ancor più. Mi fermo qui, perchè non voglio infierire. Ma è qui che bisogna lavorare, pazienti e addetti ai lavori tutti uniti nel contare i cho, nel valutare il time in range e il defensive eating. Poi vai alla visita diabetologica e se hai 6,8 ti fanno i complimenti, se hai 7.3 ti guardano storto. E non guardano altro! Sto generalizzando, lo so. Ci sono le eccezioni! Ma io parlo dell’ambulatorio diabetologico medio di provincia senza eccellenze. #rangeagainstthemachine 🙂
#conclusioniditipo1 … Mi sento di dire:
- Dovevo tenere la basale a 16 ui die, senza modificazioni di orario somministrazione (niente delay .. perchè in realtà spostando di 4 ore ogni giorno ho ridotto del 25%) … ma sinceramente pensavo che con l’andare avanti dei giorni e i ritmi che tenevo mi avrebbero fatto aumentare la sensibilità all’insulina. Invece ad un certo punto, evidentemente, si inseriscono altre variabili adrenergiche che richiedono una insulinizzazione maggiore di quella da me paventata e sperimentata durante la preparazione. Quindi adesso mi devo dare da fare per ridare una sistematina al compenso in vista della visita medica di fine ottobre. O il diabetologo mi fa il cazziatone! “Lo sa che lei solo per il fatto di essere diabetico ha lo stesso mio rischio cardiovascolare che porto due bypass, ho sessantanni, la panzetta e un bel po’ di grasso interstiziale?”, mi disse il mio diabetologo all’ultima visita rischiando il pestaggio!
- Tutte le volte che ho effettuato un bolo di analogo ultrarapido alle basi vita (anche se conservativo ovvero con rapporto i:cho 1:40 anziche 1:10), poi sapevo che entro 1h dovevo aggiungere qualche integrazione di cho. Tuttavia il senso del tempo si dilata e in un paio di occasioni mi sono fatto sorprendere semplicemente perchè non mi sono accorto del tempo che passava. Pensavo fossero trascorsi sì e no 30 minuti, invece erano già quasi due ore che spingevo. In tal senso forse dovevo pensare a mettere degli allarmi. Ma ragazzi, qui sono solo … just me my self & I e proprio a tutto non si può pensare. Concentrazione concentrazione, ma siamo ultra-terrestri non extra-terrestri. E comunque se guardo ai tracciati delle mie glicemie nell’ordinario, ci stanno un paio di fugaci ipoglicemie in sette giorni. E se guardo al time in range della prova: 1% sotto il range 70/180 parla da solo! E include le 12 ore prima e le 12 ore dopo la gara! ‘Sti cazzi! Riepilogando, in sosta meglio fare bolo e considerare di aggiungere 50/70 gr di cho entro un’ora dalla ripartenza … vi sembrano tanti? I miei piatti di pasta sono da 80/90 gr, quelli di tutti gli altri da 120 minimo, e fanno pure il bis. Spalmarli su più ore, senza ingozzarsi alla base vita, è anche più fisiologico e raccomandato dai … nutrizionisti.
- Nel dopo gara, da sempre, per una serie di ragioni, ho problemi nel gestire le glicemie. Mi è capitato a UTMB, alla PTL … insomma appena mi fermo… devo subito aumentare di almeno un 40% la basale, ovvero portarla da 16 a 24… invece, come sempre, ho aspettato 2 giorni. Poi mi sono venuti tutti i dubbi del mondo …. Le penne avariate etc…. Inoltre mangi come un bue, dunque insulina rapida a go-go e glicemie alte. Il corpo da una parte ha fame, dall’altra ci sono tutta una serie di reazioni e sfasamenti del sistema metabolico e degli ormoni controregolatori che richiedono una terapia insulinica aggressiva. E nessuno la fa mai, prigionieri di meccanismi automatici di protezione con la benedizione delle linee guide del caxxo.
Ho impiegato quasi 10 gg per ritornare a risposte glicemiche confortanti e in linea con il buon compenso. Questi danni collaterali vanno considerati, e soprattutto ricordati. Continuo a dimenticarmelo. Nel dubbio … aumenta la basale!

#ipoglicemiacosa?
Tutto ciò ribalta un po’ quanto detto su relazione tra sensibilità all’insulina e attività fisica.
Anche nell’ultraendurance il problema non sembra essere la temuta ipoglicemia quanto la durevole anche se non eccessiva iperglicemia. Insomma la gestione in una prova simile diventa quasi più paragonabile a quella del nostro quotidiano, rendendo inutile o improduttivo appellarsi alla fenomenologia della diabetologia dello sport. Una disciplina che non dovrebbe nemmeno esistere secondo me, almeno per come è impostata oggi.
Ancora una volta, e a maggior ragione quando un atleta con diabete di tipo 1 si mette alla prova su competizioni così estremi e sfinenti, il ruolo dell’attività fisica non va enfatizzato come modo per “migliorare la salute” o per “migliorare il profilo glicemico” ma come pilastro educativo-formativo.
E’ fondamentale avere una gestione per lo meno discreta, ma meglio se buona-ottima, nelle fasi non sportive della propria vita. Il buon compenso deve ancor più pre-esistere… per poter permettersi qualche imperfezione nelle prove di lunghissima durata.
L’atleta con diabete tipo1 di endurance è costretto ad una conoscenza dei meccanismi energetici, della fisiologia dell’esercizio, a modulare la terapia, alle variabili che influenzano il compenso metabolico, e soprattutto ad utilizzare i carboidrati / zuccheri (w gli zuccheri, cazzo!) in linea con le indicazioni valide per l’atleta in generale.
Quindi valutare tipo di prestazione, impegno muscolare e cardiaco e adeguare la terapia alla quantità di cho necessari (pro ora, pro km etc.) : non è più e solo una questione di ridurre l’insulina, perchè sennò si va in ipo, così come non è una questione di integrare SOLO se la glicemia scende. E’ una questione di conoscenza e di applicazione delle regole della fisiologia al diabete di tipo 1… sicuramente un percorso non facile, anzi molto complesso, ma possibile.
Serve però apertura mentale, concentrazione e un minimo di “certezze” sulla propria condizione di atleta e persona con diabete di tipo 1. A maggior ragione quando una prova può mettere a “rischio” la salute (logorio, sfinimento, infortunio) è importante lavorare durante l’anno per garantirsi quella efficienza fisica (allenamento, alimentazione, gestione della terapia e del compenso) che ci permette di accettare sfide che in teoria possono mettere a repentaglio la nostra salute. Ma senza danni irreparabili o irreversibili. Se ci siamo costruiti una buona corazza (fisica, mentale e terapeutica) possiamo anche andare a fare quello che tutti sconsigliano, diabetici o non, e uscirne non dico rigenerati ma indenni.
Affrontare un ultra endurance resta comunque un attività che appartiene al nostro patrimonio genetico di cacciatori-camminatori persistenti … non significa andare in guerra. Che sia chiaro. Il cacciatore è connaturale alla nostra storia, la guerra no … in pace, anche quando la fatica ci fa diventare un po’ “cattivi” … Insomma, la guerra giusta non esiste nel mondo del trail!
#nonlasciatemisolo…. Alcuni medici dell’entourage DNL mi chiedono se conosco altri ultra-terresti con diabete di tipo 1 con cui fare dei raffronti sui cho assunti/consumati … io rispondo che non conosco nemmeno ultra-terrestri senza diabete che abbiano la pazienza/voglia/interesse nel memorizzare il contenuto di cho di quello che mangiano (con un programmino tipo winfood poi, e cercando di ridurre al minimo il pressapochismo delle porzioni, si riesce ad avere un’idea di quanto assunto sia in termini di carboidrati sia in termini di apporto calorico che comprende anche gli altri macronutrienti, proteine e grassi in primis. Un tuc è un tuc, un pezzetto di formaggio tagliato è facilmente quantificabile)…. MA NON LO FA NESSUNO!
#cristian1diabete0? Un cazzo! Se non lo avete ancora capito, anche se mi leggete da anni, e resistete, non corro per sconfiggere il diabete, né per rifarmi sul destino ingrato che mi ha rifilato questa patologia progressiva degenerativa cronica rompicazzo per la quale non c’è cura e ti devi applicare acca ventiquattro e nonostante ciò non sempre va come vorresti. Mi confronto con me stesso, gli altri, le difficoltà. Ho il mio zaino in spalle, forse un po’ più pesante di quello degli altri, però so quanto pesa e come farlo pesare meno. E questo non è poco. Ogni volta che affronto prove come queste, mi rendo conto del vantaggio che ho rispetto al 99% degli altri partecipanti quando arrivo a un ristoro: so cosa mangio, cosa c’è dentro, quanti carboidrati, so porzionare, so individuare grassi e proteine, se una bibita è energetica o no. Se mangio una sbobba pesantissima perchè è appetibile, so anche che nelle successive tre/quattro ore sbufferò in continuazione, per non parlare di peti e rutti. Però lo so. Non mi capita. Sono io che l’ho fatto capitare. Solo questo, vale almeno 50 posizioni in classifica. E non mi rompete il cazzo. Non sono in guerra, non sono in battaglia. Vado in pace. Un po’ burbero sono, sì, ma i burberi non sono guerrafondai!
#ketoni … 0,7 – 1,4 – 0,7 durante la gara, 0,5 a fine gara. Ricordo sempre con insulinizzazione presente (Degludec dura 24 ore e più ….). Valori di ketoni trascurabili, misurati capillarmente. Valori comunque che indicano come in questo tipo di prove bisogna “mangiare” (ho sempre misurato dopo almeno 12 ore di attività fisica continuata e prima di assumere cibo) … o il corpo inizia ad aggredire i muscoli. E’ bello osservare come invece la misurazione dei ketoni per il diabetico standard significa solo “pericolo” e “stop race” perchè è sempre correlato alla mancanza di insulina, allo scompenso e alla ketoacidosi diabetica, quando invece in termini di fisiologia dell’esercizio può indicarci la necessità di mangiare, ed evitare che il corpo si nutra dei muscoli per recuperare le energie spese.
Mi spiace solo non aver investito 500 euro per l’acquisto della macchinetta che misura il cortisolo … sempre per la prossima volta. Ah sì ma questa non doveva essere l’ultima!
E soprattutto per non aver avuto la forza di creare un mini team DNL da avere al seguito per dare un senso “scientifico” a questa mia avventura ultra-terrestre. Certo però che se non ci penso io, i DNL dove stanno?
#domandone… Se Il medico di gara avesse visto le mie glicemie come si sarebbe comportato? Ricordo che in questo tipo di prove, se il medico decide che non puoi proseguire, tu devi sottostare alla sua decisione. Senza conoscermi, senza essere un esperto endocrinologo. Mi avrebbe imposto lo stop race per ragioni di salute. Forse sì, se si fosse basato sulla poca letteratura e sulle linee guida distribuite dalle società di diabetologia e dalle associazioni di atleti con diabete …. E aggiungo “altisonanti” così vi incazzate un po’.
Poi penso che se un top runner ha le allucinazioni, straparla e manifesta altri comportamenti non idonei alla prosecuzione, non lo ferma nessuno perchè sennò gli sponsor si arrabbiano. E poi tutti a parlare di sport e salute! Sani e malati. Lo ripeto, chi di noi è veramente sano?
SE SEI ARRIVATO FIN QUI COMPLIMENTI … ALTRO CHE ULTRA-TERRESTRE! DU PALLE!