Cristian @ Setouchi Island Trail • Japan • 25 marzo 2018 • 21k 1450d+
F I N I S H E R > 2H39:03 • 36°/400
BIG (?) IN JAPAN Ep.1
Primo appuntamento corsaiolo giapponese della mia vita. Big in Japan?
L’avventura ha inizio dall’isola di Tobishima, mare interno del Giappone centrale (Setouchi), nei pressi di Hiroshima.
Esperienza intrigante e originale, pur trattandosi di un “short trail”, declinazione cui non sono più così abituato, anche se qualche “sgasata” fa bene ai mitocondri, stimola il mio cuore “montagnard” e risveglia la mia sopita (?) indole competitiva.
Preambolo Atletico
Dopo un inverno sui lunghi percorsi con l’Ipetrail della Bora chiuso anticipatamente al 130° km, mi ero preso una pausa di riflessione anche per recuperare energie fisiche e mentali, oltre a riprendermi da una forte sindrome influenzale che mi aveva steso come un tappeto persiano.
Dal 19 febbraio ho iniziato invero un programma di allenamento strutturato rigorosamente in fai-da-te, orientato al “corto e sicuro”, cioè a ritrovare un po’ di velocità e magnitudo, così da poter continuare, eterno adolescente 46enne, a illudermi, sognare e divertirmi al solo pensare di essere ancora un “atleta” o qualcosa del genere.
Ed era mia intenzione farlo senza soluzione di continuità anche durante una vacanza in famiglia di circa un mese in Giappone nel mese di marzo.
Ho quindi individuato un paio di gare trail tra i 20 e i 30 km, giusto per mantenere alte le motivazioni, ma dalla logistica conciliabile con gli spostamenti e senza costringere ad attese troppo lunghe i familiari al seguito (bambini, mamma e nonna).
Iscrizioni perfezionate, anche se a costi proibitivi, e non senza difficoltà legate alla mia totale ignoranza della lingua giapponese e alle specialissime procedure di adesione per gli atleti provenienti dall’estero.
Una volta atterrato in terra nipponica, nei 15 giorni passati nella zona orientale di Tokyo, non sono riuscito a trovare terreni off-road dove allenarmi ma, escludendo 2 giorni di stop per sindrome da economy-class, mi sono dedicato con regolarità e costanza alla corsa su strada mettendo dentro addirittura fartlek e variazioni.
Una volta trasferitomi a Hiroshima, unico allenamento con dislivello. Ma poco poco, visto che era il giorno prima della gara: 45 minuti e 300 metri d+ sul Mt.Fukata.
Riepilogando, nei 35 giorni di “preparazione ufficiale” precedenti la gara del 25 marzo, tra Italia e Giappone, ho svolto 25 allenamenti (di cui 9 di fondo, 7 di qualità e 8 leggeri) per un totale di circa 30 ore, 330 km e 6000 metri d+. E con il 90% degli allenamenti svolti la mattina presto a digiuno (FASTING), alla ricerca della potenza lipidica, pilastro fondamentale dell’atleta di endurance o sedicente tale.
Un piccolo “tesoretto” per regalarmi un po’ di scorrevolezza, asciugarmi un po’ (aver superato la soglia dei 71 kg di peso era suonato come un campanello di allarme) e poter reggere una gara in spinta.
Preambolo metabolico
Da novembre utilizzo acca 24 il sensore freestyle e dunque ho un po’ modificato il mio modo di raccogliere i dati, adeguandolo alla tecnologia a disposizione.
Più dati aggregati e meno valori puntuali. Con il sensore non ci sono più spazi vuoti. E non si può mentire. Un picco o una ipo restano a imperitura memoria sul tracciato della tua app. E dunque c’è poco da fare. Studiando bene le curve, si capisce dove si deve lavorare (quantità, qualità, composizione pasti, indice glicemico, rapporto insulina cho etc.).
Sensore o no, poi per gestirsi al meglio, serve la testa. Però testa + sensore fanno più di testa + glucometro.
La ripresa di una preparazione strutturata con obiettivi di medio lungo periodo, mi ha anche motivato a ritrovare un miglior compenso (lo sport NON basta, ovvero è condizione necessaria ma NON sufficiente).
Negli ultimi due anni ho vissuto un po’ di rendita, e le glicate sono lievemente peggiorate, stabilmente tra 7.2 e 7.4, non auspicabili ma comunque accettabili.
Per carità, ci sono mille considerazioni da fare sulle glicate, in primis la variabilità glicemica, la propria storia personale etc., però mi sono reso conto che necessitavo a prescindere di una ”risintonizzazione” soprattutto nella gestone dei picchi postprandiali.
Vivo tranquillo, ritengo di avere un’attenzione alla salute adeguata e non sono ipocondriaco, ma è bene avere tenere la situazioni ben monitorata senza cadere nella sindrome del “ricordati che devi morire” 🙂 … atteggiamento in cui molti cadono, operatori e pazienti “tutti uniti in rete”.
Al 25 marzo, la glicata stimata su 60 giorni è di 6,7 (50 mmol), la media glicemica di 146 mg/dl con le seguenti percentuali: 7% > 240, 19% range 181/240, 25% range 139/180, 44% range 70/138, 5% < 70.
Terapia multiiniettiva. Basale degludec 16 ui (43%) Analogo ultrarapido Glulisina 22.7 ui die (57%) per un totale di 39 ui die ovvero 0,54 pro kg.
Mediamente assumo 283 gr di cho die, di cui 245 ai pasti (87%), 19 gr in allenamento (6,8%, pari a una media di 0,2 gr cho pro ora pro kg) e 18 gr (6,2%) da defensive-eating.
Quest’ultima è una variabile che ho aggiunto per quantificare le integrazioni giornaliere necessarie per contrastare o prevenire una ipoglicemia. E capire quanto queste possono influenzare la mia dieta.
Sto affinando il sistema di raccolta dati che conto di perfezionare per fine aprile, discutendone anche con alcuni addetti ai lavori con cui sono in stretto contatto.
Sicuramente ci sono lacune, omissioni e punti deboli, però personamente ne traggo spunti utilissimi per aggiustare la mia gestione metabolica, atletica e nutrizionale, perchè bisogna sempre migliorare. Fare sport di performance con diabete di tipo 1 non significa “sfangarla” come a volte mi sembra di percepire un po’ a tutti i livelli, ma godere delle fatiche e delle gratificazioni, dei benefici e dei sacrifici che l’attività sportiva regala/richiede.
Non oso immaginare cosa si potrebbe fare supportati da uno staff professionale con mezzi e tempo a disposizione per incrociare dati e sperimentare, appoggiandosi a laboratori di analisi, centri di medicina sportiva coordinati per l’osservazione della gestione sportiva di performance in atleti con diabete di tipo 1 in DNL style.
Da solo vado avanti con il mio approssimativo fai-da-te, quando possibile condividendolo con il laboratorio dal basso DNL e magari un giorno avvalendosi di un supporto multitasking professionale e competente. Harigató!
Report di gara
Eccomi dunque al debutto trail in Estremo Oriente… 21k e 1400d+ tutti d’un fiato. Distanze e ritmi che non ricordavo di correre da una vita.
Sveglia alle 5.30 per raggiungere il luogo di partenza. A Hiroshima ho noleggiato un’auto non essendonci alternative con mezzi pubblici.
La mia più grossa preoccupazione del “raceday” è stata dunque raggiungere la zona partenza guidando in Giappone.
Ma sulla mia Nissan Cube, con bimbi a bordo, arrivo puntuale per le 7.15 al ritiro pettorali, dove si entra rigorosamente senza scarpe.
Pettorale A, prima batteria, nr 428: partenza alle 8.30. Circa 400 runners alla 21k (che, udite udite, assegna ben 1 punto ITRA!)
Archi, striscioni, stendardi, stand, musica … gara vera e organizzazione impeccabile. Tutti in griglia per la foto di gruppo su prato a pochi metri dalla spiaggia e dal mare.
Speaker professionista che da la carica in … giapponese.
Conto alla rovescia … sempre in giapponese. Tifo e applausi … in giapponese.
Primi due km di asfalto su saliscendi veloci, che corro con inaspettata fluidità a 4’15 al km.
Si va dunque ad imboccare la prima di una serie di tre salite. Tutte con le stesse caratteristiche: ripidissime, spesso su scalinate irregolari, immerse nella vegetazione, seguite da discesa su stesso tipo di terreno. Gambe dure da subito.
E quindi dopo qualche sorpasso un po’ troppo arrembante, decido di procedere più conservativo.
Venti giorni di allenamenti obbligati in pianura hanno fatto dimenticare ai miei quadricipiti il piacere della verticalità.
Il percorso è caratterizzato dall’alternanza di sentieristica “dura e pura” e stradelli asfaltati e sterrati, con qualche tratto in andirivieni a doppio senso di percorrenza, caratteristica peculiare di molte gare giapponesi, probabilmente nell’ottica della razionalizzazione del balisaggio e del presidio. I nipponici anche qui non si smentiscono. Prima l’efficienza, poi lo spettacolo.
Procedo discretamente veloce nei brevi tratti roulant in sottobosco e dal fondo morbido e foglioso, non sono brillantissimo ma reggo in salita, mentre subisco le ripide discese su gradoni. Anche in Giappone, le gare si vincono in salita e si perdono in discesa.
Ristori puntuali con tifo, sorrisi e cinque a tutta forza.
Acqua, sali, coca e agrumi. Qui tra limoni, aranci e mandarini sembra di stare a Sorrento.
La seconda salita è la più dura, tutta sterrata e con alcuni tratti rocciosi e qualche tronco abbattuto da scavallare. Un signore di almeno 60 anni, ingobbito e con le gambe storte mi supera al doppio della velocità. Medito per un nanosecondo il ritiro.
Poi in discesa l’orgoglio ferito mi fa reagire.
All’8° km accumulati già 900 mt d+.
Nel segmento centrale della gara, dall’8o al 14o km riesco a spingere sempre.
La terza salita è la più ripida ed attrezzata con corde per evitare di scivolare: giornata di sole, ma il fondo all’ombra del bosco è ancora umido. Al k 12 fanno 1300 d+.
Dopo un chilometro di discesa tecnica, il percorso interseca le gare brevi. Tre chilometri su asfalto quasi tutti in leggera discesa dove ho un buon passo e recupero almeno un paio di posizioni. Giunti in prossimità della spiaggia, il tracciato torna sterrato con brevi salite spaccagambe su fondo sabbioso.
Soffro un po’ nel finale, ma gli altri soffrono di più. Pochi metri avanti a me un concorrente che mi aveva superato più volte in discesa. Avrei voluto recuperarlo ma mi è mancato lo spunto giusto.
Imprendibile invece il buon Paul Welsh, che mi è scappato via fin dall’inizio e ho incrociato salutandolo in un tratto a doppio senso di percorrenza. A lui il primato tra i caucasici in gara, molto forte in discesa e soprattutto di formazione “fell running”, dunque ottimizzato per questo tipo di tracciati veloci e nervosi. Con le sue Inov8 artigliate … io purtroppo non me le posso più permettere certe scarpette minimal!
Mi godo gli ultimi metri lungo spiaggia con mare e palme: prendo per mano i miei bimbi in fervente attesa e insieme raggiungiamo l’arrivo su morbida erbetta verde.
2h39:03 secondi, esimo anche in Giappone, per la precisione trentaseiesimo.
A trenta minuti esatti dal vincitore. Felice come una Pasqua.
Terzo tempo a base di birra fruttata e udon speziato. E un panino con frittata che mi ero preparato in appartamento.
Sole, mare, sabbia … sembra di essere ai tropici … la primavera è appena cominciata. I ciliegi sono in fiore! Sakura per tutti!
Book metabolico
Come ancora (e forse inspiegabilmente …) mi piace fare, ho fotografato la mia gestione metabolica nello specchietto allegato. Le rilevazioni glicemiche sono da sensore Freestyle, oramai sdoganato e sufficientemente affidabile sia nel fissaggio al braccio sia nelle rilevazioni.
Sapevo che non potevo tirare alla morte, perchè non avrei retto alle sollecitazioni richieste, ma comunque avrei provato a sviluppare ritmi intensi. Pertanto ho impostato una strategia delle integrazioni finalizzata alla massimizzazione della performance.
Non ho utilizzato integratori solidi (barrette) ma esclusivamente liquidi (beveroni, gel e bibite)
La scelta è stata di partire a digiuno senza fare colazione (venendo però da una cena a base di carboidrati).
Come già anticipato ho svolto la stragrande maggioranza degli allenamenti, anche di qualità, a digiuno e questo mi ha abituato a gestire meglio le uscite mattutine e a soffrire meno la sensazione di fame nel lasso di tempo che va dal risveglio all’inizio della prova.
L’obiettivo era di arrivare al via in normoglicemia (70-100) e ci sono riuscito fin troppo (range 70-74) per poi integrare appena prima della partenza. Ho assunto 40 gr di maltodestrine e sali nei 20-30 minuti antecedenti.
Al via il sensore segnava 118 freccetta in su e nei primi 45 minuti di gara la glicemia ha raggiunto un picco di 200 per poi scendere e stabilizzarsi su valori tra 90 e 145.
Ho effettuato la prima integrazione dopo 60 minuti (24 gr cho enervitene), la seconda dopo 110 minuti (22 cho enervitene coca) e l’ultima dopo 140 minuti (22 cho enervitene coca) giungendo al traguardo con valore 92 mg/dl.
In tutto 109 gr di cho pari a 0,5 gr di cho pro ora pro kg.
Se dovessi ritornare indietro, forse assumerei i primi 40 gr di carboidrati un paio di minuti prima del via, per evitare il picco nei primi 40 minuti. Ma sarebbe proprio voler fare i “perfettini”.
Dopo una mezzoretta ho assunto un beverone di zuccheri e proteine per il recupero (35 cho) prima di affrontare l’Udon party.
Frequenza media in gara 160 bpm, con il 23% in zona 1, il 70% in Zona 2, il 7% in Zona 3. Personalmente annovero questa come una delle migliori prove di “gestione metabolica”della mia carriera sportiva in endurance. Avevo le idee chiare su cosa fare e l’ho fatto con lucidità e raggiungendo quell’equilibrio tra considerazioni metaboliche e prestazionali di cui da tempo vado predicando e cerco di essere bravo interprete.