(S)Punti di Vista sull’Esperienza DMC TRAIL
10 righe da … Alberto Brunelli, #ditipo1 / tutor
Ho partecipato a questo camp laboratorio, come al precedente sul triathlon, in veste di aiutante e tutor a disposizione degli atleti e dei professionisti intervenuti.
Non ribadisco i molteplici aspetti e risultati positivi già puntualizzati dai partecipanti.
Mi soffermo, invece, sugli aspetti positivi, sui quali è necessario proseguire, e su quelli negativi, sui quali facciamo ancora molta fatica.
Ritengo che il camp laboratorio sia la formula sulla quale continuare a puntare. Con un gruppo ristretto di atleti e di persone a supporto, è possibile creare l’atmosfera adatta a sviscerare in maniera dettagliata i diversi argomenti da affrontare.
Così, tutte le persone coinvolte si sentono “obbligate” a farsi trovare pronte, preparate e soprattutto invogliate a imparare, scoprire e sperimentare su se stessi ciò che da soli non farebbero, per mancanza di coraggio, voglia e competenza.
A fronte di queste considerazioni positive però, si perde ancora, secondo me, “troppo” tempo a spiegare come alimentarsi nel pre-gara e a capire la corretta dose di insulina da somministrare nei pasti pre-gara e post-gara.
Questo è un monito anche per me stesso. Reputo INaccettabile non essere in grado di dosare correttamente l’insulina in rapporto alla quantità di cho assunti e in considerazione dell’attività fisica che si deve affrontare.
Penso che nei prossimi camp si debba ritenere prerogativa assodata e scontata che le persone coinvolte siano in grado di gestirsi correttamente al di fuori della prestazione atletica. Così, si potrà dedicare più tempo a aspetti e argomenti ancora oscuri e poco sperimentati.
Le persone che partecipano ai camp laboratorio devono capire che il camp continua nella vita di tutti i giorni. Questo permetterà di migliorare la gestione metabolica, oltre che la gestione mentale e psicologica, uno scoglio per molti, anche dopo anni di diabete alle spalle.
Per quanto riguarda l’obiettivo di “massimizzare la performance”, ritengo che il sasso sia stato lanciato, ma è necessario fare ancora tante prove e sperimentazioni.
I partecipanti hanno applicato tutto ciò che gli organizzatori del camp avevano previsto.
Adesso, sarebbe bello che ciascuno di noi cercasse di applicare ciò che è stato fatto e imparato al camp negli allenamenti e nelle gare, e che annotasse tutto meticolosamente per poi condividerlo sui canali DNL.
Bru
10 righe da … Elena Gamarra, [#ditipo1, MD, PhD StudentS.C.D.U. Endocrinologia, Diabetologia e Metabolismo A.O.U. Città della Salute e della Scienza – San Giovanni Battista “Le Molinette”]
Compito non semplicissimo scrivere queste 10 righe per una persona che, come me, ama vivere le esperienze piuttosto che raccontarle a posteriori. Ma ci provo, convinta che la crescita passi anche attraverso il fare qualcosa che non ci viene facile.
Dopo tutto in DNL ho conosciuto persone a cui non piace la filosofia del “vincere facile”.
Negli ultimi anni mi sono fatta l’idea che le esperienze più significative ed arricchenti a cui ho partecipato avevano sempre alcuni ingredienti fondamentali, secondo una specie di ricetta in cui non mancano mai solide basi da cui partire, tanta curiosità, voglia di divertirsi, capacità di fare squadra, elasticità mentale, rigore e precisione nella realizzazione.
In questo DMC ho ritrovato tutti gli ingredienti in un mix vincente creato dall’unione di un’atmosfera estremamente amichevole, informale e carica di entusiasmo unita al rigore metodologico e all’impronta scientifica che hanno permeato lo svolgersi di tutte le fasi del weekend, senza “pretese accademiche”, ma con la voglia di osservare e capire cosa succede in determinate condizioni all’atleta con diabete tipo 1 (non è forse proprio questo il metodo scientifico che ci insegnano ai primi anni di medicina?!).
Sono sempre più convinta che delle solide basi scientifiche teoriche, in assenza di slancio a voler esplorare, sperimentare e conoscere le varie declinazioni della realtà, siano sterili quanto le fondamenta di una casa che poi non viene mai costruita. E in DNL lo slancio (mentale ma anche fisico!) non manca affatto!
Non aggiungo nulla a quanto scritto da Cristian, Andrea e dagli atleti sui risultati in termini di dati raccolti, aggiungo solo un grazie a tutte le persone che ho conosciuto per avermi offerto l’opportunità di partecipare, dare il mio contributo, ascoltare, osservare, imparare, raccogliere idee da cui nascono riflessioni e altre idee…la crescita penso sia questo. DNL c’è, 100% sul pezzo, provo ad esserci anche io. Alla prossima ragazzi…magari inizio a correre anche io (…dietro al tram per non perderlo…eheheh!).
10 righe da … Cristian Agnoli, [#presidentissimoditipo1]
Ennesima prova sul campo superata senza vittime e danni collaterali (in dieci anni). 100% partiti, 100% arrivati e con il 99,9% del protocollo rispettato (non lo elenco qui di seguito, ma vi assicuro impegnativo da eseguire).
Nel tendone “semiriscaldato” DNL, SENZA LA MIA PRESENZA (impegnato come speaker della manifestazione), si sono effettuate tutte le rilevazioni possibili con i mezzi a disposizione, con grande professionalità da parte dello staff medico, dei tutor e dei volontari presenti a dare una mano. E ovviamente degli atleti, veramente motivati e sul pezzo!
Le parole di Alex Baldaccini (vedi sotto), atleta da nazionale e controllo sano prestato alla sperimentazione, ci confortano sulla meticolosità e serietà del protocollo proposto.
Non mi dilungo in ringraziamenti che non sono nel DNA DNL, ma in questa tre giorni, abbiamo verificato cose note e sperimentato cose nuove: dalle risposte glicemiche in allenamenti incrementali ad alta intensità (test Vo2max del venerdì presso la facoltà di Scienze Motorie di Verona, grazie!), alla strategia di integrazione a base di cho durante la prova di endurance (6 ore pastrengo trail in team Duo del sabato), concludendo con gli allenamenti a digiuno in zona lipidica in fase di recupero (allenamento mattutino della domenica a sole 18-20 ore dalla gara).
Tutte le fasi erano importanti, ma se mi devo esprimere, lo faccio sulla più impegnativa delle prove: quella del sabato.
Al netto
- delle difficili condizioni meteo, del fango e delle difficoltà intrinseche di un percorso trail;
- dei limitati mezzi tecnologici a disposizione di uno staff d’eccellenza;
- Della complessità dell’argomento;
E premettendo che, da letteratura scientifica,
“E’ INEVITABILE E BIOCHIMICAMENTE INALIENABILE riconoscere i benefici dei carboidrati come
– substrato per l’esercizio in tutta la gamma di intensità/volume di allenamento
– migliore economia di ossidazione dei carboidrati contro l’ossidazione dei grassi (ATP prodotta per L di ossigeno bruciati)”;
mi sento di trarre queste (s)conclusioni o suggestioni (senza pretesa di verità alcuna):
- Per attività di endurance a medio-elevato impegno (75-85% Vo2max), in soggetti con diabete di tipo 1 allenati, con discreto compenso e insulinizzazione standard (indipendentemente dalla terapia con penne o micro) la sinergia tra profilo insulinico basale e attività fisica è sufficiente a metabolizzare un elevato carico di cho anche in assenza (sigh!) di euglicemia o valori stabili nelle fasi pre-gara, senza necessità di boli, sicuramente a partire dai 75-90 minuti di attività. Se si esegue la prova con “insulina a bordo da bolo”, le necessità si possono presentare anticipatamente, anche partendo in iperglicemia (non pilotata), già dopo 30/45 minuti.
- Ulteriori verifiche e altre condizioni del terreno di gara sarebbero necessarie per affermare che la maggior assunzione di cho abbia permesso ai nostri atleti di massimizzare la performance, ma mi sento di affermare senza timore di smentita che sicuramente non l’ha peggiorata!
- Il confine tra scelte di integrazione a fini energetici e a fini “glicemici” è sottile, spesso si intreccia. Non siamo qui ad affermare che gli aspetti terapeutici non siano da tenere presenti, anzi è fondamentale una profonda conoscenza del proprio diabete (insuline, ruolo dei macronutrienti, autocontrollo) ma che è necessario un approccio “evolutivo”, ovvero che sappia mediare tra le esigenze fisiologiche dell’atleta e le peculiarità del diabete di tipo 1;
- E’ un percorso complesso, ma che mette in seria discussione l’approccio per cui siccome “l’esercizio fisico (di quale tipo?) aumenta il rischio ipoglicemia” allora se la glicemia è uguale a x devi diminuire l’insulina di y e assumere z cho (peraltro senza mai specificare il livello di allenamento dell’atleta , durata e intensità parametrata dell’esercizio fisico considerato).
Alle tante domande che ci siamo posti, di cui in parte non sapevamo forse nemmeno l’esistenza, di certo non abbiamo trovato tutte le risposte. Abbiamo agito secondo i nostri presupposti “aggressivi” e il risultato è arrivato in termini di finisher e dati raccolti, ma credo anche di approccio da perseguire: sul campo, in ambito real-life, con gruppi ristretti, una buona base di preparazione atletica e un livello accettabile di consapevolezza terapeutica.
E non siamo qui a voler formulare regolette magiche o a voler imporre agli atleti con diabete di integrare con 1 gr di cho pro kg pro ora magari di questo o quel tipo, o di questo o quel brand.
Non ci resta che guardare avanti e migliorare ancora, sia individualmente, sia quando ci ritroviamo a sperimentare. Auspicabilmente con uno staff al completo e l’aiuto/sostegno di centri di ricerca universitari o affini con strumentazione, competenze e mezzi incommensurabilmente superiori a quelli di DNL. Quando e come ancora non lo sappiamo!
Magari, qualcuno ci potrebbe suggerire di ripetere la prova rispettando pedissequamente quanto prevedono le linee guida su sport e diabete: ridurre la basale sin dalla sera prima, mangiare di più a colazione riducendo l’insulina del bolo, non partire se glicemie inferiori a 100 prima di aver integrato abbondantemente e riportato la glicemia su valori accettabili, non partire se glicemia superiore a 250, misurare i chetoni, correggere e ripartire solo dopo che la glicemia si è abbassata e integrare al bisogno verificando regolarmente le glicemie preferibilmente affidandosi ai sensori, sempre con la superivisione e il consenso preventivo del nostro diabetologo, eventualmente via telefono, se non presente sul campo di gara.
Chissà, magari gli stessi atleti, così facendo avrebbero conquistato le prime posizioni della classifica, con soddisfazione enorme della comunità diabetica tutta e grande eco mediatica.
Provocazioni (costruttive …) a parte, resto convinto che linee guida di questo stampo sono anche conseguenza di atteggiamenti (sbagliati) da parte delle persone con diabete e dei propri referenti rispetto allo sport.
Credo anche che il rispetto di quanto suggerito dalle linee guida ci avrebbe portato a non far percorrere più di un giro nemmeno al controllo sano, e forse nemmeno i test di soglia Vo2max a buona parte degli sperimentatori #ditipo1
Al prossimo DMC o come lo vorrete chiamare … l’importante è sperimentare!
10 RIGHE da … Doc Andrea Benso #MD, PhD, SCDU Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Torino, AOU Città della Salute e della Scienza di Torino
Dopo aver letto le “10 righe” di Luisa Campregher su questo DMC direi che c’e’ davvero poco da aggiungere. Dunque brava Luisa per aver saputo sintetizzare in modo lucido e puntuale quanto è stato affrontato dal punto di vista atletico, metabolico e “filosofico” in questa tre giorni di sperimentazione sul campo in “stile DNL”!
Mi permetto allora di condividere solo alcune mie personali considerazioni.
- Perchè questo DMC?
Andando a rileggere alcuni report pubblicati nel recente passato sul sito DNL (in particolare, ma non solo, le esperienze della BVG Trail e della Garda Trentino Trail) già emergeva il concetto di quanto sia potenzialmente importante ai fini della performance atletica in ambito endurance l’integrazione di CHO, o meglio, l’individuazione della “reale necessità di carboidrati CHO”.
Questa idea tuttavia derivava dall’esperienza di un singolo atleta (il Presidentissimo) e quindi, al fine di non essere autoreferenziali e metodologicamente inconsistenti, si rendeva necessaria la valutazione su più soggetti. Conseguentemente, ribaltando il punto di vista strettamente “glicemologico” imperante, l’ipotesi che è venuto spontaneo voler testare è stata quella di verificare se fosse possibile adottare una strategia di integrazione di CHO in funzione dell’ottimizzazione della performance e non per correggere/prevenire l’ipoglicemia.
Con il senno di poi, la modalità scelta (dal Presidentissimo.. tanto per cambiare) per questo tipo di sperimentazione è stata secondo me davvero geniale. Il percorso di gara a circuito e la disponibilità del tendone DNL ha reso possibile un costante confronto sinergico fra staff e atleti, consentendo una attenta valutazione delle integrazioni realmente effettuate, nonchè la raccolta accurata e precisa di una grande quantità di dati. Dal punto di vista metodologico tutto questo rappresenta un valore aggiunto.
- Obiettivo raggiunto?
Nelle prossime settimane avremo modo di analizzare l’enorme mole di dati raccolti e poter dunque rispondere in modo più ponderato a questa domanda.
Nondimeno non temo di essere smentito dicendo che l’obiettivo in ogni caso E’ stato raggiunto… 8 atleti DMtipo1 hanno completato una prova di trail dura (peraltro in condizioni atmosferiche impegnative) di circa 3 ore SENZA episodi persistenti e/o significativi e/o limitanti di ipoglicemia o iperglicemia, seguendo, come a loro richiesto, una condotta di gara “aggressiva”, in termini prestazionali, energetici (integrazione di CHO abbondante) e terapeutici (insulinizzazione “generosa”). E alla fine erano tutti in grado di intendere e di volere!
E’ importante sottolineare che una condotta “aggressiva” in termini energetici e terapeutici va intesa in relazione a una analoga condotta prestazionale. La necessità di integrazione con CHO dipende infatti principalmente dal tipo e dalla durata dell’attività (cfr. A. Jeukendrup, Sports Med 2014). Pertanto non si può generalizzare troppo e il personale fabbisogno di CHO del medesimo atleta cambierà a seconda della zona cardio in cui si trova e, particolarmente in gare lunghe, potrà cambiare nel corso della gara stessa.
- L’ipoglicemia è un fenomeno costitutivo (e inevitabile) dell’atleta con DMtipo1?
Alla luce della mia esperienza con DNL da circa 1 anno a questa parte, sono sempre più convinto che chi sostiene la generica affermazione “l’esercizio fisico aumenta il rischio di ipoglicemia” è superficiale e approssimativo e tradisce la sua ignoranza sulla fisiologia dell’esercizio fisico, in particolare, nel diabete tipo 1.
Quando si parla di “atleti” con DM tipo1 bisogna tener conto di diversi specifici fattori relativi alla tipologia di esercizio (intensità e durata in primis), al grado di preparazione atletica del soggetto, nonchè al tipo di terapia (schema quadri-iniettivo o microinfusore) e all’anamnesi metabolica e nutrizionale. Con un tale approccio, come ampiamente supportato dalle varie sperimentazioni DNL, le risposte glicemiche all’esercizio fisico sono ragionevolmente prevedibili, consentendo di portare a termine gare come la “6 ore Pastrengo Trail” con successo e in sicurezza.
A ulteriore supporto di quanto appena detto c’è anche l’esperienza dell’ormai abituale (per i DMC) allenamento “lipidico” (zona 1) a digiuno della domenica mattina (giorno successivo alla gara) della durata di 50 minuti, portato a termine da tutti gli atleti e svolto a sole 18-20 ore dalla conclusione di una impegnativa prova di endurance.
- E adesso?
Ce lo dirà il Presidentissimo? Personalmente, per quanto questo camp sia stato molto impegnativo anche per lo staff (oltre che naturalmente per gli atleti), spero davvero che ce ne possano essere altri. Prima di tutto perchè mi diverto!
Poi sono convinto che questa sia la via giusta, per chi ne ha voglia e interesse, sia medici sia atleti DM tipo 1, di sperimentare, condividere e imparare!
Che sia però l’ultima volta che si fa un camp DNL senza i Doc “senatori” Vasta e Sudano!
10 righe da … Luisa Campregher, #ditipo1, TN
Tre giornate intense che non hanno lasciato spazio a tempi “morti”…zero il rischio di noia!
Sarò sintetica nel fare un resoconto di cosa hanno rappresentato per me queste tre giornate e quale sia stato il valore aggiunto di questo Camp:
- Il venerdì, presso l’Università di Scienze Motorie di Verona, ho fatto per la prima volta il test incrementale di soglia Vo2Max. E’ stata un’ottima e gradita possibilità per avere in mano uno strumento in più (5 zone cardio) per sviluppare i ragionamenti che sono seguiti nel corso del Camp.
- Uso la fascia cardio da pochi mesi e quindi in questa occasione ho avuto la possibilità di capire come poterla utilizzare al meglio per valutare le risposte glicemiche e le integrazioni da apportare, in base alla zona cardio in cui mi trovo durante un allenamento/competizione.
- Con lo staff DNL infatti si è condiviso il fatto che se lavoro in una zona cardio, piuttosto che in un’altra, la risposta glicemica è abbastanza prevedibile. Ho compreso quindi quali sono le mie frequenze cardiache in cui consumo lipidi (zona 1), carboidrati (zona 2 e 3), dove inizio a produrre acido lattico (zona 4). Inoltre è stato utile valutare la risposta glicemica corrispondente: quando consumo lipidi (zona 1, aerobica) la glicemia tende a rimanere stabile, nelle zone 2 e 3, aerobico glucidica, ho un maggior consumo di glucosio, la glicemia ha un trend in discesa ed è necessario apportare integrazioni durante l’esercizio, quando inizio a produrre acido lattico (zona 4) la glicemia tende invece a salire.
- E’ stato utile poi soffermarsi a ragionare come integrare in base al tipo e alla durata dell’attività fisica. Si è concordi nel dire che durante un’attività di endurance il muscolo utilizza sia lipidi (grassi) sia glucosio (carboidrati=CHO) e che in corrispondenza dell’aumento dell’intensità della prestazione, aumenta il fabbisogno di CHO (presenti nelle scorte del nostro organismo, e disponibili quindi per via endogena, e dalle integrazioni apportate durante la prestazione, disponibili per via esogena).
- Consigliato apportare diversi tipi di integrazione (maltodestrine, fruttosio, glucosio…) per utilizzare diverse velocità di transito gastrico e modalità di assorbimento intestinale.
- In attività prolungate,di endurance, le integrazioni dovrebbero essere fatte poco per volta e la letteratura consiglia di apportare integrazioni che vanno da un minimo di 30 g a un massimo di 90 g CHO pro ora, in base al peso dell’atleta (sia esso diabetico piuttosto che soggetto “sano”).
- Inoltre la letteratura medico sportiva evidenzia come la performance di un’attività superiore alle 2 ore sia strettamente connessa alla disponibilità di CHO.
- PASTRENGO TRAIL: alla luce di tutte queste considerazioni, lo staff DNL ha concordato di affrontare il Trail mantenendoci in zona cardio 2 e 3. Personalmente dovevo mantenere la frequenza tra 145 e 152 cercando di non andare oltre i 165. Sono stati registrati i battiti medi per ogni giro ed è stato rilevato che ho rispettato i parametri. Ho integrato ad ogni giro, cioè ogni 52 minuti circa, con una quantità di CHO adeguata rispetto al mio peso corporeo e la glicemia, che in fase di partenza era lievemente alta, si è poi mantenuta stabile, in normoglicemia, durante le 3 ore e 45 minuti di gara.
In sintesi vi è una stretta connessione tra frequenza cardiaca e risposta glicemica. Ora ho ulteriori conoscenze che mi permettono di affrontare allenamenti e competizioni prevedendo quindi l’andamento glicemico.
Sono orientata per l’anno 2017 a fare altri Trail su distanze gradualmente crescenti e ciò che è stato condiviso e sperimentato durante questo Camp è per me di fondamentale importanza. Prestare attenzione alla glicemia questo sempre però tenendo conto che nelle attività di endurance sono necessarie integrazioni di CHO, indipendentemente dalla glicemia!!!
Molto soddisfatta dei contenuti affrontati in modo sintetico e chiaro e di aver sperimentato sul campo ciò che si è teorizzato. Ho apprezzato il lavoro di gruppo durante il Trail: le integrazioni da effettuare ad ogni giro sono state concordate con lo staff in modo rapido ma ragionando assieme con la dovuta calma, paradossalmente. E poi…ma quanto mi sono divertita!!! Sono partita alle 14 circa del pomeriggio, pioveva dal mattino, la voglia di uscire dal tendone era pari a zero e poi quando ho iniziato a correre e “paciugare” i piedi nel fango…quanto ho riso!!! Nemmeno da bambina mi sono sporcata tanto: era ora!!! Ho chiacchierato e scherzato con qualche altro impavido atleta sventurato che ho incontrato durante i quattro giri… non mi ero mai avventurata in una gara tanto fangosa, umida e piovosa! Un’esperienza avvincente: durante il primo giro ho studiato un pochino il tracciato cercando di memorizzare i vari passaggi, prestando attenzione alla frequenza cardiaca. Al secondo giro ero ancora in forze, sempre attenta alla frequenza, al terzo giro ho spinto un pochino di più, come suggeritomi dallo staff DNL. Al quarto giro ho iniziato a soffrire muscolarmente ma ho concluso dignitosamente. Tanto soddisfatta e felice all’arrivo, grata del sostegno e dell’ottimo lavoro svolto da tutti all’interno del tendone DNL, allestito meticolosamente e all’interno del quale ad ogni giro sono stati effettuati i vari test. L’ironia e l’allegria hanno fatto da sfondo, a braccetto con la serietà con cui tutti ci siamo impegnati con il principale obiettivo di sperimentare! …E poi non sono mancati nemmeno i risultati agonistici! Io avevo Alex Baldaccini come compagno di staffetta…mi piace vincere facile! Ah ah ah! Grazie.
10 righe da … Pietro Pesenti, #ditipo1, BG
E’ stato un bellissimo week-end, da tutti i punti di vista e il ringraziamento è d’obbligo per tutto lo staff DNL e quello medico.
Ho sempre snobbato il concetto di “massimizzazione della performance individuale”, soprattutto in termini di integrazioni.
E’ sempre stato un mio difetto e me lo sono sempre portato appresso, tanto è vero che i miei migliori risultati li ho ottenuti in gare relativamente corte e ho sempre avuto molte difficoltà nella gestione del mio motore nelle prove di endurance o lunga gittata….errare è umano e perseverare è diabolico.
Questo Camp mi ha lasciato la definitiva convinzione degli errori commessi in passato e mi ha dato nuovi stimoli per il futuro…c’è sempre da imparare, basta averne voglia !
In questi ultimi giorni ho rivisto le foto scattate all’interno del Gazebo…siamo stati trattati come dei professionisti, da uno staff con un altissimo livello di conoscenze e entusiamo da vendere…la riconferma che ogni evento è sempre curato nei più piccoli dettagli e la formula è quella vincente !!!
Sono stati raccolti una marea di dati, tanto che sul posto non è stato possibile analizzarli tutti, ma seguiranno aggiornamenti sulle vie telematiche di DNL.
Forse ci è mancato il commento tecnico di Kristina, ma sapevamo che era impossibilitata a farlo…
Un complimento a tutt i trail-runners (anche improvvisati), che hanno seguito il protocollo alla perfezione e hanno dato il 100% !
Che dire di più…sono felice di far parte di questo gruppo….alla prossima ragazzi !
10 righe da … Marco Nodale, #ditipo1, UDINE
Lo stage DNL – Trail ha rappresentato per me un’occasione per trascorrere un fine settimana ricco di insegnamenti, a partire dal test svoltosi venerdì e con il continuo confronto che si è creato tra tutti i partecipanti. Mi ha dato nuovi stimoli per migliorare la mia gestione sia sportiva che metabolica.
Conoscevo già DNL avendo partecipato precedentemente a dei camp, ma sempre in veste ciclistica. Per la prima volta mi sono messo in gioco in chiave Trail, ma solo grazie ai consigli sulle frequenze e sull’integrazione sono riuscito a portare a termine i tre giri di un circuito reso durissimo dal meteo.
Sono convinto che quanto appreso in questi giorni mi aiuterà ad affrontare con un nuovo spirito le mie future attività: ragionerò non solo in base alla glicemia ma anche in base a durata e frequenza, regolando nel modo più idoneo il bolo.
Porterò questo messaggio a chi come me condivide il diabete e pratica sport.
Ringrazio tutti ma, in particolare, Cristian e la sua famiglia per l’ottima accoglienza e organizzazione e il mio compagno di staffetta Andrea Guerra che mi ha dato il la per aderire al camp. Saluti, Marco Nodale ” IL DIABETE TEME CHI FA SPORT “
10 righe da … Alessandro Bellon, #ditipo1, VENEZIA
DMC TRAILRUNNING 2017? Ne ho fatti molti ma questo è stato proprio un camp da “No limits” sia per l’impronta intraprendente data allo stesso che per le condizioni meteorologiche proibitive in cui si è svolto: sono molto orgoglioso e fiero di averne fatto parte assieme a vecchi e nuovi amici.
Fin dalla convocazione del presidentissimo dopo un primo step di paura ho letto bene programma e parterre dei partecipanti e non è stato difficile trovare motivazioni e carica per farsi trovare pronto all’appuntamento.
Pur essendo un veterano dei CAMP made in DNL ho apprezzato moltissimo il taglio aggressivo dato dagli organizzatori e ben accettato e condiviso da tutti i partecipanti.
Mi è piaciuto assai anche il mix tra medici grintosi ed atleti DNL di lungo corso tutti molto preparati e determinati nel “portare a casa” la sperimentazione.
Che dire le mie aspettative sono state ampiamente soddisfatte e sicuramente ho arricchito le mie conoscenze in termini di integrazione di CHO a seconda delle intensità e della durata dell’esercizio fisico.
In attesa di vedere i risultati generali ed i dati personali della sperimentazione non mi resta che iniziare a mettere in pratica quanto testato … alla prossima!!!
Alessandro Bellon
10 righe da … Andrea Guerra, #ditipo1, AREZZO
CAMP DNL 2017 (PastrengoTrail): A Pastrengo, il giorno 4 del mese di febbraio dell’anno 2017 a.C., sotto la guida del feldmaresciallo Cristian Radetzky, la prima coalizione composta da 8 (+1) athletimelliti sperimentatori ha portato a termine una incursione in un territorio vergine, fino ad ora inesplorato: l’integrazione aggressiva con CHO (fino anche ad un gr.di cho per kg per ora) secondo un protocollo prestabilito per massimizzare la resa in atleti con DM1 durante una prova di endurance.
Da un prima sommaria impressione, credo sia stato rispettato il protocollo dalla squadra speciale scelta, della quale io ero orgogliosamente membro.
Riguardando la mia personale condotta, senza considerare le integrazioni pre (gr.10CHO) e post gara (gr.35CHO), solo durante le c.a. tre ore (dove ho cercato di tenere una FC prestabilita tra 154 e 166bpm) ho assunto 180 grammi di carboidrati mantenendo glicemie in range accettabili senza tuttavia avere più insulina in azione.
Questo, secondo me, grazie anche ad un buon compenso metabolico nel pre gara (dal risveglio, ore 7:00, fino alla partenza, ore 11:00) e durante i primi fondamentali 30 minuti di gara. Se questa circostanza (unita ad altre, ovviamente) fosse mancata, sarebbe stato piùdifficile accedere a quella condizione, quello status, che da athletamellitus ho piùvolte raggiunto durante sforzi ad intensità simile a quella tenuta durante la PastrengoTrail e che -appunto- mi permette o, più correttamente, mi richiede di assumere CHO abbondantemente (credo) per esigenze fisiologiche e non patologiche.
Da allenato come ero (≥ a 300′ di corsa settimanale distribuita in non meno di 4 sedute, da oltre 3 mesi), una volta entrato infatti in questa condizione, o status, assumo carboidrati necessari all’attivitàatletica in corso e li utilizzo senza necessità di insulina.
Per questo motivo mi sono spesso chiesto se, a certe “particolari” condizioni (ne ho individuate 2 o 3), ci siano anche … altre “chiavi” oltre l’insulina.
Sospetti e interrogativi personali a parte, ritornando sull’integrazione, oltre a modalità e momenti appropriati, resta comunque un’altra voce altrettanto importante: la quantità massima di cho assumibile, da individuare e non superare, altrimenti il sistema collassa. Individuare questo limite èdifficile, accorgendosene -purtroppo- solo quando lo si è superato.
Come credo sia successo a me (e ad altri colleghi) a fine gara, verso le 14:00 (a parte l’opportunità degli aminoacidi a fine gara, se avessi preso in gara 10+160gr.CHO e avessi poi assunto altri soli 20-25cho, credo che … il sistema non sarebbe collassato).
Alla partenza (ore 11:00) non ero già più insulinizzato (o, perlomeno, non adeguatamente insulinizzato. L’ultima dose di Levemir somministrata era alle 23:00 della sera precedente, mentre l’ultimo analogo, alle 7:00 della mattina), ho potuto assumere 10+180 grammi di CHO nell’arco delle successive tre ore solo per i motivi (esigenze fisiologiche) sopra premessi, anche se troppi. Probabilmente era di troppo l’ultima barretta da 32 gr.CHO o quantomeno bastava prenderne la meta. Invece oltre a quella, anche altri 35gr.
Condivido un’ultimissima considerazione (tra le altre considerazioni che ho fatto riguardando i dati. Che senso ha raccogliere dati, senza poi riguardarli? Che grande opportunità guardare anche quelli di chi può essere in un livello, fase, condizione o status, vicino al tuo!).
Nella battaglia di Pastrengo ho consolidato una generica consapevolezza sul post gara potendola meglio circoscrivere; dopo un’attività di endurance durante la quale ho ben integrato e sono stato ben compensato, appena arrivato, non devo subito ridurre l’insulina nelle primissime ore, ma la devo ridurre a partire dalla 3°, 4° ora e successive (da questo momento iniziano le ipo).
Il successo dell’attacco frontale guidato dal feldmaresciallo èstato possibile grazie anche all’ingente supporto logistico apprestato; il castrum bianco, a pianta quadrata e con dentro il“fondamentale” fungo, era infatti ben difeso dai due eroiken sergenten Alex e Albert e da tutto uno staff medico molto qualificato, forse proprio per questo capace di sedersi in una tavola rotonda, sullo stesso piano dei soldati in campo per spendersi ciascuno fino in fondo.
Nonostante i crescenti segni di insofferenza dal Regno di Napoli difronte a questi continui attacchi alle “linee guida” (sulle quali si sono appunto sempre retti ordine precostituito e verità dogmatiche), nonostante questo manipolo di sovversivi sia oggi stanco e provato, ho il forte sospetto che in un prossimo futuro il loro feldmaresciallo intenda raccogliere ancora le sue forze per scagliare altri incisivi attacchi.
Per questo, qui in Alta Valle del Tevere dove sono rientrato, continuo ad esercitarmi tenendomi pronto ad una nuova chiamata alle armi.
10 righe da … Daniel Normann, #ditipo1, Firenze
“La mia prima volta” > Per me lo stage DNL di trail running è stata un susseguirsi di prime volte. Per la prima volta ho fatto un test di soglia sul tappis roulant (e non sulla bicicletta), per la prima volta sono entrato in contatto con una associazione che si occupa di diabete e per la prima volta ho partecipato ad una sperimentazione metabolica (dal basso) come abbiamo fatto il sabato della gara.
Ho imparato alcune cose che metto nel mio bagaglio di conoscenze:
- In un test incrementale di VO2 Max la glicemia sale nonostante lo sforzo. Questo è un dato interessante perché mi permette di adattare la mia strategia di integrazione a seconda di che lavori di corsa vado a fare. Ad esempio nel caso in cui faccio ripetute corte non integro perché ora so che probabilmente non ne ho bisogno.
- Un integrazione costante durante uno sforzo prolungato migliora la performance sportiva. Io personalmente nella gara test ho integrato quanto avrei fatto anche in alte occasioni. Ma l’analisi ad ogni giro dei dati metabolici sicuramente mi da oggi consapevolezza rispetto ad un modus operandi che ho perseguito negli anni.
- Infine ho anche imparato che ognuno di noi reagisce in modo diverso al malfunzionamento del pancreas e ha un suo modo di gestire il problema. Anche da questo confronto ho imparato

Da atleta della nazionale con svariati raduni ed esperienze alle spalle posso affermare, senza paura di essere smentito, che mai ho visto tale organizzazione per quanto riguarda l’attenzione all’ottimizzazione della performance e all’integrazione nel pre, durante e post-gara.
Interessante notare come queste attenzioni arrivino invece da un gruppo di persone con diabete che forse nell’immaginario collettivo, parrebbero essere concentrate solo sul controllo della glicemia…
A mio parere sarebbe molto importante proseguire con Camp di questo genere, sia per aumentare e poter confrontare i dati raccolti che per sfatare il mito (se ancora c’è) che le persone con diabete di tipo1 non possano fare attività fisiche di un certo tipo (ultratrail? Allenamenti a digiuno?), pubblicando ciò che si “scopre” per portarlo all’attenzione della massa.
Per me è stata la prima esperienza di condivisione di un’attività sportiva con atleti #ditipo1, a tal riguardo le mie aspettative sul DMC, sin da quando ho accettato l’invito, erano di

