Cicloviaggio “Corsica x 2”

Bastia-Bastia, 10-14 novembre 2018

           Corsica x 2

Mini cicloviaggio “autunnale”  della Corsica Settentrionale
500k 6500d+
10>14 novembre 2018

Report by Cristian & Alberto
DUE is meglio che ONE?
… Due bici, due amici, due ruote, due pedali, due type ONE

Col de Vergio 1477 mslm (Cima Coppi del ns viaggio) … è novembre!

Day 1 • 10 novembre 2018 • Bastia-Casamozza • 32k • 100+

Trasferimento Verona-Livorno in auto con bici allestite e a seguire traghetto tratta Livorno-Bastia con Corsica Ferries.
Ore 18.30 sbarco. Prologo di trasferimento in notturna verso sud fino a Casamozza via Stagno di Biguglia.
Una trentina di chilometri scorrevoli. Temperature miti.
Check-in 20.30 circa. Pernottamento motel Colibrì.
Cena fai-da-te low cost con panini portati da casa. Birretta in night bar attiguo.

Day 2 • 11 novembre 2018 • Casamozza-Cargése • 137k • 2200+

Tappone montano in attraversamento da est a ovest con partenza a digiuno alle 6.30 del mattino.
Da Casamozza fino a Ponte Leccia e da qui verso Albertacce fino alla cima Coppi del nostro tour, il Colle del Vergio (1477 mlsm).
Nebbiolina e umidità  nelle prime ore del mattino. Poi cielo azzurro e sole.

Talvolta è necessario togliere i manicotti.
In discesa però coperti con pantavento, giubbino e guanti.
Altro gpm alla Bocca Selvi (1100 mslm, 5 km, 300d+).
Lunga discesa fino al mare di Sagone e da qui a Cargèse. Discesa e risalita da / al Porto (1,5k 100d+).
Giornata impegnativa per dislivello, ma ben gestita da entrambi a livello di ritmi e integrazioni.
Birretta di fine tappa in piccol bar centrale.
Check in h 17 circa in roulotte adibita a bungalow. Doccia bollente.
Cena fai-da-te nella cucina della veranda previo spesa supermarket.

Day 3 • 12 novembre 2018 • Cargèse-Santa Reparata di Balagna • 136k • 2000+

Cargèse out ore 7.00. Digiuni ma per meno di un’ora. Altra tappa ondulata con dislivello, anche se a quote più basse, e sempre vista mare. Tanti mangia e bevi e colli sui 300/400 mt da scavallare. Tappa panoramica. Les Calanches, Golfo di Girolata, Baia di Crovani, Calvi.
Sole, sole, sole. Nelle ore centrali si pedala a maniche corte.
Ritmo regolare anche se su alcuni gpm abbiamo provato ad accelerare, per stimolare i diversi substrati, in particolare alla Bocca di San Martino (433 mlsm), al Col de la Palmarella (406 mslm) alla Bocca Serria (146 mlsm) e su l’ultima ascesa per Santa Reparata (5k 300d+).
Check in h 16.30 in hotel 3 stelle offerta Genius con aperitivo a base di Petra Ambrata e Bionda.
A seguire cena in locale tipico chez Alain et Nadiège con vino rosso locale ubriacante.
Unico pasto della vacanza dove abbiamo “esagerato”. Conto un po’ salato, ma siamo in vacanza!

Day 4 • Santa Reparata • Rugliano • 125k • 1550+

Altra tappa ondulata prevalentemente costiera, in uscita dalla Balagne verso la regione del “Dito” e Cape Corse, via Deserto degli Agriati.
Sempre di buon’ora. Out h 7.30. Colazione on the road.
Meteo sempre clemente e soleggiato. A Saint Florent 26 gradi al sole.
Anche oggi abbiamo spinto su alcune salite: Bocca di Vezzu (311 mslm), altri gpm minori arrivando a Nonza, Pino e Morsiglio e al colle de Serra (365 mlsm) con una bella sparata.
Check in h 16.30 in affittacamere di Rugliano, nessun ristorante nè supermarket aperto.
Cena a base di pasta in bianco gentilmente fornita dalla proprietaria del b&b con angolo cottura.
Solo acqua. Niente birra, sigh!

Day 5 • 14 novembre 2018 (WDD) • Rugliano-Bastia • 52k • 680+

Partenza comoda ore 8.00 sempre a digiuno.
Tappa semplice nei primi 30 km, prevalentemente pianeggiante.
Finale con deviazione via “Corniche Supérieure” per inserire un ultima scalata da fare a tutta.
“Alla morte” fino a San Martino di Lota (5k 300+). Vince Alberto!
Discesa viste mozzafiato con arrivo h 11.30 a Bastia.
Pranzo su listone fronte mare.
Crepe e a seguire triglia per me e “moules frites” per Alberto. Un po’ di patatine pure per me però.
Rientro a Livorno con traghetto “passaggio ponte” delle 14.30. Estate d’inverno.
Altri 2 km di bici per recuperare l’auto.
Cena Mc Drive (junk food e bolo combo) di Livorno e arrivo a Verona h 23.00 circa.

 

Velocipedi

Brubike: Cinelli da viaggio mod. Hobo

Cribike: Cannondale Slate Gravel Ultegra

Entrambe le bici con borse laterali e borsello anteriore.
Circa 10-12 kg di bagaglio (a seconda di viveri e liquidi al seguito del momento).
Ovviamente tutto l’equipaggiamento invernale/antipioggia si è rivelato inutile.

Diab-Anatomy ovvero Anatomia di tipo 1

Entrambi in terapia multiniettiva, con storia di diabete di tipo 1 da 12 a 14 anni. Sensore FGM installato con stesso timing, range e posizionamento non convenzionale ma affidabile.
Amici e sportivi “strutturati” di medio livello, in normopeso con buone capacità di gestione e percorso formativo pluriennale in metodologia degli allenamenti, carbocounting, educazione nutrizionale. Poi c’è il “dalla teoria alla pratica” … ma qui parlano i numeri.
Bru batte Cristian 37 scansioni die vs 17.
Ansia da controllo glicemico, sindrome da strisciata compulsiva o fisiologico utilizzo della tecnologia flash con sensore piazzato sulla chiappa destra?
Sulla chiappa destra? Ma come, va messo sul braccio!
Funziona tranquilli, abbiamo le prove, e tale posizionamento consente la strisciata (scan) con entrambe le braccia al bisogno.
Nei cinque giorni media glicemica Bru 121 Cristian 125, quasi da target protocollo Medtronic … solo che noi non siamo in microinfusione.
Medie simili a confermare che siamo stati bravi nell’allinearci su tutto, anche in qualche errore di valutazione o di condizionamento reciproco.
Per il Presidentissimo uno spunto di riflessione sul perché, nonostante le sue indubbie conoscenze e capacità di gestione in attività di endurance, non abbia un compenso in termini di glicata migliore. Evidentemente fuori dall’ambito AF si rilassa troppo.
E anche vero che con il TIR, parlare sempre e solo di glicata conta poco.
E allora veniamo al “Time In Range”, anche qui in linea … se non esistesse il sensore, uno direbbe glicemie perfette e forbice glicemie 70-170 per il 70% del tempo.
Tuttavia la percentuale di rilevazione sotto 70 è eccessiva (14% Bru, 15% Cri): entrambi siamo ricorsi a qualche “integrazione difensiva” di troppo in notturna, anche se eravamo pronti, avendo volutamente impostato un approccio “generoso” che ci esponeva a questo rischio.
Però ce lo aspettavamo più nel durante che nel post-exercise.

 

Dati aggregati relativi a attività fisica e gestione terapeutica, integrazioni, compenso glicemico. I dati sono esposti in maniera esaustiva, basta prendersi la pazienza di leggere o zoomare sull’immagine.

Le integrazioni pro ora in attività fisica sono praticamente identiche a parità di risposte glicemiche (vedi medie e time in range) e rientrano nei range fisiologici (23 gr di cho pro ora).
Nei pasti post attività fisica, invece, abbiamo sottovalutato l’aumentata sensibilità all’insulina di giornate di movimento continuo rispetto al nostro ordinario di atleti che si allenano quasi quotidianamente ma da 1 a 2 ore max.
Pur non essendo il ciclismo la nostra disciplina sportiva di riferimento, abbiamo una buona base atletica e siamo riusciti a pedalare per una media di 78 minuti (un’ora e diciotto) a digiuno tutte le mattine a prescindere dalla glicemia di partenza. I substrati lipidici non sono neutralizzati dall’uso di insulina esogena.
Anche gli apporti di carboidrati ai pasti sono molto simili: siamo riusciti ad alimentarci in maniera pressochè identica. Le differenze ai pasti sulla media dei 5 giorni è di 10 gr di cho die, l’equivalente di 2 crackers integrali.
L’apporto di cho da “integratori” (gel lenti e veloci da 22 a 51 gr di cho per pezzo, barrette da 11 a 18 gr di cho, panini, coca cola) nelle tre giornate centrali, quelle dove siamo stati sui pedali per 9/10 ore, è di circa il 50% sul fabbisogno totale.
Una buona basalizzazione (da terapia multiniettiva) unita ad attività fisica prevalentemente aerobica ci hanno consentito di metabolizzare un elevato carico di carboidrati senza necessità di ricorrere al bolo. Circa 180 gr di carboidrati al giorno, mantenendoci comunque pressochè in euglicemia.
Per la terapia multiiniettiva sicuramente è la strategia più premiante ( e pratica…), ma, a nostro avviso, anche chi dispone della terapia in microinfusione dovrebbe utilizzare “profili basali” più aggressivi se i meccanismi di utilizzo dei substrati aerobico lipidici sono sufficientemente allenati ed efficienti, onde attenuare la variabilità glicemica e alimentare il metabolismo energetico.
I nostri “little big data” denotano inoltre come entrambi, pur se con dosaggi e fabbisogni diversi, abbiamo una terapia in cui la basale rappresenta “solo” il 40% del nostro monte insulina totale. E quotidianamente non ci facciamo mancare un bel apporto di carboidrati: tra 320 e 360 grammi (vedi scheda ID metabolico).
Durante le giornate di attività fisica prolungata ovviamente il rapporto si inverte in conseguenza dei cho assimilati senza necessità di bolo e dell’aumentata sensibilità all’insulina prandiale ai pasti.
Fatto sta che, con 12 ui die di bolo per Bru e 18 ui di bolo il Pres, abbiamo metabolizzato più di 400 grammi di carboidrati al giorno.
Ancora una volta non per dire che fare meno insulina ci rende più sani, ma che l’effetto moltiplicatore sulla sensibilità all’insulina dell’attività fisica non equivale sempre e solo a “rischio/pericolo ipoglicemia” ma è un’arma a nostra disposizione per sfruttare le integrazioni di carboidrati come fonte di energia e principale substrato nelle attività di endurance … ovvero esattamente il loro ruolo nel metabolismo.
Invece, nella diabetologia dello sport sui generis, a tutti i livelli, sia per il paziente sia per l’operatore, il ruolo dei cho è solo quello di alzare la glicemia: come defensive eating, ovvero per riparare alle ipoglicemie o con accezione “terroristica”, ovvero degli zuccheri come causa di iperglicemia e quindi meglio adottare diete a basso contenuto di carboidrati e IG, indipendentemente dal proprio stile di vita. Sì perchè l’atleta con diabete esiste per restare sempre e solo un atleta con diabete, anzi con “diabbete” … questa è la tua malattia bellezza, e non c’è niente che tu ci possa fare!
Interessante sarebbe proporre studi comparativi in cui gli atleti T1 agiscono secondo l’approccio evolutivo da noi proposto o aderendo alle linee guida e vedere cosa succede oppure sperimentazioni comparative tra atleti con diabete in differenti terapie e vedere cosa succede. Conta di più la tecnologia a disposizione, il livello di allenamento, la testa, l’esperienza personale?
Ecco, da un viaggio di piacere a colpi di pedale, due “scagnaroni” allo sbando con diabete di tipo 1 in “vituperata et sfigatissima” terapia multiniettiva, sono riusciti a raccogliere una serie di dati su cui comunque impostare una discussione e strategie di gestione in ambito endurance da far impallidire i più abili smanettatori di microinfusore del mondo.
Un piccolo tesoretto di “big data de noialtri” di certo non paragonabile a quello di illustri e sovvenzionate sperimentazioni scientifiche dei grandi esperti, ma che se correttamente interpretato può trovare diretta e gratificante applicazione, in ambito real-life o real world. Subito, da ieri!
Ancora una volta il vero valore aggiunto della pratica sportiva “strutturata” è di mantenere viva la curiosità e l’attenzione al nostro metabolismo da tutti i punti di vista, non ultimo quello “fisiologico“, di cui spesso ci dimentichiamo di fronte all’ “overflow” glicemico e tecnologico.

Scritto e pensato dal Presidentissimo con l’inconsapevole contributo di Alberto Brunelli sotto effetto ipnotizzante (o narcotizzante?).

PENSIERI, PAROLE E CICLO-VACANZA di Alberto Brunelli
Non so se sia stato più faticoso pedalare per 500 chilometri e 6500 metri di dislivello, o accingermi a mettere per iscritto i pensieri, le aspettative, le difficoltà e ciò che mi sono portato a casa da questa mini ciclo-vacanza.
Quando Cristian mi propose di condividere qualche giorno insieme pedalando, accettai subito nonostante avessi qualche dubbio.
Conoscendo Cristian, anche una attività di endurance “soft” avrebbe potuto rivelarsi fatale per un novello ciclo-turista come me.
A parte questo, mi piace come Cristian interpreta e vive lo sport, ed ero certo di trascorrere giorni piacevoli e costruttivi in compagnia di un amico.
Ho usufruito della sua esperienza per l’aspetto organizzativo e il percorso di massima.
Ciò che mi è piaciuto in particolare è stato il confronto aperto tra due amici, ad ampio raggio e senza peli sulla lingua.
Abbiamo deciso di trascorrere questi giorni seguendo un protocollo condiviso da entrambi che ci permettesse un confronto paritario, annullando le barriere difensive, quelle “pippe e paure” che ognuno di noi si crea.
Abbiamo unito una sintonia di base alle prerogative di ciascuno: di Cristian nell’analisi critica, e mie nel mantenere un certo rigore, come in un cocktail per pochi intenditori. Tutto ciò ha portato spunti, pillole, ragionamenti e progetti futuri.
A me personalmente ha permesso di interrogarmi e ragionare su diversi concetti che elenco in stile brainstorming:
– Pedalare dal mattino a digiuno fino al tardo pomeriggio significa conoscersi o imparare a farlo, gestendo sia i momenti di freschezza che di appannamento, fisici e mentali;
– Condividere un protocollo di integrazioni significa accettare anche le necessità altrui e gestire cambiamenti senza porre ostacoli;
– Inserire abitualmente una sessione di lipidico a digiuno nel piano di allenamenti è la base su cui costruire la condizione atletica;
– Durante l’attività fisica, si è convinti di integrare solo a fini energetici ma spesso lo si fa per “defensive-thinking”. Esserne consapevoli è tutta un’altra cosa;
– Un’intensa attività sportiva necessita di una adeguata e attenta alimentazione. Alimentarsi bene nel pre, durante e post attività fa la differenza. Questo non significa vivere da professionisti, perché non lo siamo, ma è interessante esserne a conoscenza;

Pedalare, sudare, sorridere, superare, controllare, integrare, recuperare, riflettere, brindare, ringraziare, sostare, gozzovigliare, raccontare, scattare, aspettare, mangiare, bere, fotografare, pensare, questo per me è stato il mio primo vero ciclo-viaggiare.

#Pistolotto “Esprit des Escalier” by Cristian
Miniciclovacanza di piacere, ma anche per riprendere con l’attività fisica di endurance dopo un periodo di “scarico” da “off-season”.
Si è trattato di un viaggio breve visti i pochi giorni a disposizione, ma comunque con chilometraggio e itinerario sufficientemente gratificanti.
Di questo qui non tratteremo così come della descrizione dei luoghi attraversati. Sul web della Corsica trovate tutto e di più.
Tornando a questioni da addetti ai lavori.
Nei circa 30-40 giorni di “off-season” precedenti a questo viaggio ho adeguato la terapia insulinica, in particolare la basale, alla mia fase “slow” (e alla mia dieta “invernale” quando divento vorace e svogliato nella conta dei cho), aumentata da 16 ui a 24 ui die (+33%).
Solo nella settimana precedente questo viaggio, ho progressivamente ridotto a 22ui poi a 20 ui e infine a 18ui da domenica mattina, giusto per cominciare a “profilarmi” da “atleta serio”, perchè appena rientro dal viaggetto riprenderò ad allenarmi con altre intensità, volumi e frequenze.
Mi sono posizionato nel mezzo tra il mio profilo basale da “atleta strutturato” (performance exercise) a quello da “atleta saltuario” (defensive fitness), consapevole che in questi 5 giorni di attività fisica prolungata continua mi sarei potuto ritrovare in “sovrabasalizzazione”, unita a scarsa preparazione atletica e dunque a una diminuita capacità del mio fisico di utilizzare al meglio lo shift lipidi/zuccheri.


Inoltre, giusto per complicarmi la vita, ho modificato l’orario di somministrazione della basale dalla sera dopo cena alla mattina al risveglio e così uniformare la mia terapia a quella di Alberto. Gli anziani si devono adeguare ai più giovani.
La strategia adottata era la seguente: al mattino pedalare a digiuno da 60 a 120 minuti, restando in Zona 1 (cardio on) e poi progressivamente integrare tra i 20 e i 50 gr di cho pro ora, senza fare bolo, ma sfruttando la sinergia basale / movimento.
Abbiamo pedalato prevalentemente conservativi (zone cardiache 1-2), non senza privarci di variazioni di intensità, talvolta a piacere, talvolta legate al profilo altimetrico.
Ho giocato sui “carboidrati” per tenere a bada l’eccesso di insulina e portare allo stesso tempo “energia” ai muscoli, e nel post-exercise, ho modulato i boli prandiali (=capire di quanto aumentava il mio rapporto insulina:carboidrati in virtù delle tante ore di attività fisica di endurance).
I dati (TIR <70 = 15% !!!!!), al netto di qualche errore del sensore sui valori bassi, rivelano come, rispetto ai periodi in cui sono molto più allenato, ho subito le fasi “post-exercise” (in termini di “ipo” e “time in range under 70”) in particolare con un’aumentata sensibilità all’insulina ai boli prandiali e un rapporto insulina carboidrati quasi duplicato rispetto ai miei standard. Mediamente il mio “time in range” sotto 70 è tra il 3% e il 5% e in AF (dove in teoria il rishcio ipo è maggiore) tra l’1% e il 2%.
E dunque defensive-eating “esagerato” dopo cena e in notturna, con picchi fino all’11% dei monte totale di carboidrati assunti nella giornata (nelle fasi di top di forma non supero il 2%).
Le integrazioni di cho durante la bici, invece, sono più in linea con i miei standard (e quelli fisiologici), e  mi sono concesso pure il “lusso” di almeno un’ora di pedalata a digiuno (fasting). D’altronde dovevo anche buttare giù qualche chilo. Questi atleti, sempre fissati con il peso!
Un minimo di base “atletica di fondo”, un po’ di esperienza sui pedali e la conoscenza delle proprie zone di consumo energetico, consente ugualmente di ben sopportare l’attività fisica di endurance, ivi incluso il lipidico a digiuno.
Cosa che con il diabete di tipo 1 e basalizzazione “unstoppable” non è proprio così scontata e a volta sembra poter essere possibile solo per chi, dotato di tecnologia adeguata, può interrompere la somministrazione di insulina spegnendo il microinfusore.
Forma atletica e capacità di sfruttare gli adattamenti fisiologici consentono di ottenere gli stessi risultati, anche all’atleta di tipo 1 in terapia multiniettiva, quella degli sfigati, conservatori, anti-innovazione, a rischio morte precoce per complicanze secondo alcuni studi osservazionali non so quanto validati o validabili 🙂 ?
Su altro fronte, una corretta strategia delle integrazioni durante, ma soprattutto nell’immediato post AF, mi/ci hanno consentito un ottimo recupero, provando buone/ottime sensazioni fisiche prima, durante e dopo ogni tappa. Assumevamo sempre un beverone a base di carboidrati e proteine entro 30 minuti dalla fine della tappa e così ottenevamo un duplice beneficio: recupero e miglior sopportazione di quelle due orette che passavano prima che arriva l’ora di … cena!


Concludendo, il combinato disposto tra profilo basale generoso (nel mio/nostro caso in terapia multiniettiva con degludec) e attività di endurance giornaliera di più ore, in un periodo di minor forma atletica, peso non ottimizzato e scarsa attitudine al ciclismo , mi ha “costretto” a qualche azione difensiva in più, ma ho compensato con esperienza, conoscenza dei fondamentali e una base atletica di fondo che comunque “aiuta”.
Allo sportivo occasionale non resta che l’alternativa della terapia difensiva di cui il micro consente la massima applicazione (micro OFF, ovvero insulina zero).
Ciò mi convince ancor più che, a prescindere dalla terapia adottata, solo quando “ottimizzato” (atleticamente, nutrizionalmente, metabolicamente) l’atleta con diabete di tipo 1 può “permettersi” di ragionare e agire in quasi totale adesione ai principi “fisiologici” e dunque di “performance”, altrimenti sarà costretto al defensive eating, alla terapia difensiva, alle intensità “difensive”, al “defensive-thinking” ovvero a sentirsi sempre po’ condizionato o limitato dal suo status #ditipo1.
Non c’è nulla di male in tutto ciò, ma è bene tenerlo presente ed esserne pienamente consapevoli all’atto pratico, così come lo eravamo sia Alberto sia io durante questo ciclotour sperimentale, e saper gestire il tutto con equilibrio e lucidità.
Anche quando esaltiamo pompe integrate o meno con sensori, nuovi micro biormonali allarmati, “miao miao”, FCM, CGM, indicatori GMI, PDX1 e affini senza tenere conto neanche minimamente che il valore glicemico non è un fattore preponderante quando si tratta di substrati energetici, ovvero di attività fisica, non facciamo educazione terapeutica, ma propiniamo terapie difensive che rischiano di limitare anzichè ampliare gli orizzonti e la qualità di vita “reale” delle persone con diabete di tipo 1 specie se atleti “strutturati” o aspiranti tali.
Invece anche ad altissimi livelli (primari, ricercatori, super esperti di pompe insuliniche) il rilievo dato agli aspetti glico-terapeutici è eccessivo e porta ad utilizzare la tecnologia in modo difensivo, ovvero che parte sempre da suggestioni come “paura”, “pericolo” oltre al famigerato “ricordati che devi morire”.
Se passerò al micro, e prima o poi lo farò, sarà solo per usarlo in maniera aggressiva, a seguito di un percorso di conoscenza degli adattamenti fisiologici, che mi consentirà di sfruttarlo a pieno.
Chi si allena una/due volte a settimana, con o senza criterio, non può pensare di avere sviluppato tutti quei meccanismi fisiologici di adattamento, oltre a una terapia insulinica e una strategia delle integrazioni adeguate, che “solo” la pratica sportiva di performance può garantire (intensità, volume, frequenze, zone ventilatorie, massa grassa, recupero, utilizzo dei substrati, dieta, efficienza articolare e muscolare etc etc)
Ma secondo voi riduce di più il rischio cardiovascolare passare dalla terapia multiniettiva a quella in microinfusore (sempre se è vero), o, mantenere la terapia che più ci garba ma adottare uno stile di vita che comprende anche dieta consapevole e attivitià fisica vera, vigorosa e variata?
Lo so: mi avete già catalogato come un “anti-microinfusore barra anti-bruttomessiano”. Invece io voglio bene ai microinfusori e ai bruttomessiani, solo che uso la tecnica del “chi disprezza compra”.
O forse cerco di mantenere una visione a 360 gradi senza perdere di vista pragmatismo e lucidità e lavoro sul mio imperfetto metabolismo degli zuccheri a insulina esogena non solo sul fronte glicoterapeutico ma anche fisiopatologico.
Di sicuro quando al Niguarda e al San Raffaele avranno trovato la soluzione “finale”, io sarò pronto a comportarmi in maniera fisiologica, mentre per chi ha passato 20 anni (perchè tra vent’anni arriva la cura giusto?) a dipendere da un algoritmo, dagli automatismi di una pompa biormonale, mangiando pochi carboidrati e così restando fisso con massa grassa al 20%, implementando ogni azione in base alla curva di un sensore, senza sviluppare alcuna capacità di reale gestione personale, la guarigione sarà un vero trauma da affrontare!
Ma possibile che mi tocca scrivere queste boiate e continuare ad andare di iperbole e provocazioni per far capire che l’unico modo per gestirci è mantenere la testa accesa (e il micro pure se lo avete, per carità!).
Insomma se Jean Philippe Assal (*) leggesse questo articolo sono sicuro mi capirebbe, e benevolmente approverebbe, di sicuro più dei guru della tecnologia che nella loro giusta crociata per il miglioramento degli standard di cura dei pazienti con diabete di tipo 1 si dimenticano che la terapia ottimizzata è quella che consente al paziente di vivere … non solo di sopravvivere.
Esprit des Escaliers!