Triathlon Medio LOVERE - DNLs report • 4 giugno 2017

Cucchiari Race Report Lovere

   

Race Report by Stefano Cucchiari, #ditipo1, finisher in 5h56 (…anche lui esimo)

Triathlon Medio LOVERE: quasi uno Story Report

#Preambolo: ripartiamo da dove avevamo concluso

Lo scorso anno, dopo un esordio con grosse difficoltà ai primi di giugno in un Olimpico vicino casa, in cerca di motivazioni e riscatto, avevo deciso che avrei chiuso la mia prima stagione nel Triathlon con un Medio e ne avevo pianificato il resto con il doppio scopo di prepararmi a quella gara e misurarmi in gare di tipo diverso per vedere quale delle tante facce di questo nuovo sport, mi piaceva di più.
Erano così arrivate le partecipazioni ad un Triathlon Olimpico Cross ai primi di luglio ed ad un Olimpico No Draft alla fine dello stesso mese, con crescente divertimento e soddisfazione e finalmente, il 28 agosto, al termine di un estate di allenamenti, quella all’IRONMAN 70.3 di di Zell am See-Kaprun, gara a detta di tanti dura, ma in un posto fantastico e comodo da raggiungere.
Alla fine avevo portato a casa il risultato, ma che fatica: una brutta caduta alla partenza e un paio di soste impreviste lungo il percorso della frazione in bici (sul tratto di salita al 13% dove i concorrenti fermi impedivano il passaggio e a una decina di km dalla fine per recuperare la borsa con gli attrezzi) e una frazione run corsa stanco, con tempi da passeggiata in montagna e le scarpe allacciate troppo velocemente che poi mi sarebbero costate un inverno senza diverse unghie nei piedi.
Ma questo in quel momento non lo sapevo e l’atmosfera, il percorso, le sensazioni, mi erano piaciute tanto che prima ancora di arrivare avevo deciso che, se mai avessi continuato, le mie prossime gare sarebbero state su quella distanza.
Già proprio così: “…se mai avessi continuato”. Tornato a casa infatti non volevo più saperne di allenarmi e solo guardare le scarpe da corsa o la mia adorata Nitrogen mi dava fastidio.
Poi complice anche una situazione glicemica poco felice qualche settimana dopo avevo conoscito il Dott. Vasta e grazie a lui DNL ed a metà ottobre avevo partecipato al DMC Triathlon. Era stata davvero una bella esperienza, avevo incontrato gente in gamba con una passione in comune e lì era venuta fuori per la prima volta l’idea di venire insieme a Lovere quest’anno.
L’inverno era così cominciato con un grande entusiasmo ed allenamenti una volta tanto programmati seriamente.
A gennaio, visto che i risultati iniziavano a farsi vedere, avevo pianificato una stagione intensa con diverse gare di preparazione da fare in primavera, così quando per una brutta ustione alla gamba sinistra il 30 gennaio avevo dovuto sospendere ogni attività, l’umore era precipitato.
Due mesi di stop quasi completo, niente acqua ne sudore per evitare le possibili infezioni e, a causa del diabete, tutte le precauzioni possibili per facilitare la cicatrizzazione. Due mesi passati a medicare la ferita 2/3 volte al giorno e fare i complimenti ai compagni di squadra che partecipavano alle gare di preparazione che avrei voluto, ma non potevo fare.
A fine marzo per fortuna, qualche giorno prima che la ferita si chiudesse completamente a dire il vero, avevo finalmente ripreso gli allenamenti. Tanta voglia di ripartire, ma condizione pessima ( …per chi mi ha visto nuotare e correre sarà facile capire quanto possa aver pagato questo STOP forzato) e umore altalenante a seconda dei risultati della giornata.
Nel mio programma originale naturalmente c’era anche Lovere, ma più passavano le settimane, più la gara si avvicinava e meno mi sentivo pronto. Per questo, solo l’insistenza di Marco e quel suo “..dobbiamo divertirci” in chat mi aveva convinto alla fine a partecipare. Se non l’ultimo, penso di esser stato tra gli ultimi ad iscrivermi a poche ore dalla chiusura.

La gara: quando è davvero il “tempo” a fare la differenza
Arrivo in zona cambio alle 7.00 ca. Ancora non piove, ma il cielo è scuro e l’arrivo dell’acqua è solo questione di minuti. Preparo i cambi e li metto in una busta di plastica, preparo la bici caricando borracce per quasi 2 lt che poi non userò quasi per niente e scambio qualche parola con dei ragazzi che avevo conosciuto in altre gare e con Matteo che, per combinazione, ha il numero ed il posto subito prima del mio.
Mi ricordo solo ora dei tatuaggi, ma fortunatamente Matteo mi da una mano ed in pochi secondi è tutto a posto.
Prima di uscire passiamo insieme a salutare Marco che sta preparando la sua bici e ci lasciamo che ci saremmo visti fuori per foto.
Per fortuna torno invece alla mia bici (..per lasciarci una penna di rapida) dove prendo il solito rimprovero per non aver slacciato il casco ma, essendo lì e potendo rimediare, mi salvo almeno dall’ammonizione.
Adesso esco davvero, ho già metà della muta addosso quando vedo la fila davanti ai bagni chimici. Ok, fila o non fila, muta o non muta conviene che mi fermi. Scoprirò solo dopo che mentre io ero in fila gli altri facevano le foto di team DNL, ma devo dire che quella sosta è stata forse la migliore decisione della giornata.
Così quando arrivo al luogo dell’appuntamento non c’è più nessuno ed anzi mi accorgo che la banchina di partenza è piena e stanno iniziando la spunta.
Mi affretto e raggiungo la banchina proprio quando sta iniziando a piovere. C’è gente in acqua, non vedo nessun volto noto ma mi sembra una buona idea buttarmi. Quest’anno ho nuotato in acque libere solo un paio di volte e non vorrei partire con quella sensazione di soffocamento che ho imparato a conoscere ed odiare l’anno scorso.
Partono le donne, partono i PRO e parte la prima batteria maschile, è meglio uscire dall’acqua ed avvicinarsi. Mentre guardo allontanarsi i ragazzi della batteria precedente, fra loro dovrebbe esserci anche Marco, Matteo mi vede e chiama. Decidiamo di partire vicini.
Partiti… tanta gente, gomiti, ginocchia e mani dappertutto… mi sposto a margine del gruppo principale e cerco di prendere il mio passo. Faccio fatica a respirare. E’ proprio la sensazione che volevo evitare, ma è mentale non è fisica posso superarla. Cerco di isolarmi e prendere il giusto assetto in acqua ma non è facile quando ti arrivano colpi da tutte le parti. Così mi fermo ogni tanto, respiro, cerco la giusta direzione e riparto contando i metri fatti fino alla prima boa. Passata la prima boa finalmente c’è un po’ di tranquillità, forse perchè sono quasi tutti davanti e quelli che mi sono intorno cercano solo di sopravvivere come me.
Arrivo alla seconda boa e comincio finalmente a respirare meglio ed allungare un po’ di più la bracciata, peccato che ho quasi finito le forze.
Ultima boa e poi l’uscita. Poggio il primo piede sulla terraferma e sento un dolore sotto l’alluce. Scoprirò poi che si tratta di un brutto taglio, ma me ne accorgerò solo togliendo le scarpe da corsa dopo il traguardo.
Arrivo stranamente correndo in T1, allora non sono poi così stanco. Come sempre non ci sono più molte bici, ma ho ancora due frazioni per recuperare. Piove e non poco. Perciò mi prendo tutto il tempo per bere, asciugarmi un po’, infilare i calzini, le scarpe ed anche una mantellina antipioggia. Poi finalmente, memore della caduta in Austria, lascio la zona cambio con le scarpe già ai piedi, salgo sulla bici e parto.
Nel briefing la sera prima avevano detto che la salita per Parzanica (..da fare due volte) sarebbe stata dura e consigliato di montare ruote in alluminio per controllare meglio la bici in discesa con la strada bagnata, così finito il briefing avevo deciso di fare un sopralluogo in macchina per verificare la situazione.
Io ho solo un paio di ruote, in carbonio naturalmente; quest’anno ho fatto davvero poca strada in bici e di questa, pochissima in salita così già di ritorno dal sopralluogo sapevo che la frazione sarebbe stata dura, ma quello che non potevano dirci la sera prima è che con tutta quell’acqua per terra, anche cercare di tenere un buon passo in pianura non sarebbe stato per niente facile.
Stranamente infatti le gambe sembrano girare meglio in salita, dove recupero diverse posizioni, che in pianura, dove fatico a tenere il passo di quelli che vedo davanti e vengo sorpassato più volte.
Vista la situazione fisica e metereologica, decido di non spingere più che tanto e risparmiare le forze per l’ultima frazione. Mi spiace, perché ho sempre pensato che questa sia la frazione che più mi si si addice e sicuramente è quella che mi piace di più, ma va bene così, ne approfitterò per godermi il paesaggio.

Incrocio per due volte Marco sulla strada per Parzanica, è più avanti di me e lo vedo sfrecciare in discesa mentre io arranco sulla salita, siamo tra i pochi con la mantellina indosso, sorrido chiedendomi se la nostra scelta sia dovuta all’esperienza o solo agli acciacchi dell’età.
La pioggia adesso non è più continua e durante l’ultima salita rimpiango di avere la mantellina, ma decido di slacciarla e tenerla per la discesa.
Poco prima dell’arrivo in T2 smette definitivamente di piovere ed esce il sole. “Mi aspetta una frazione run calda ed umida” penso poggiando i piedi a terra e iniziando a spingere la bici, “adesso si che avrebbe fatto comodo tutta quest’acqua”.
Anche questo cambio lo faccio con calma scambiando anche qualche parola con i vicini, poi parto.
A dire il vero, parto anche troppo veloce: guardo il computer dopo 2 km e dice che sto andando a 4’30” al km, così mi dico: “Meglio rallentare se vuoi arrivare alla fine”.
Quando studiavo i percorsi, questa era la parte della gara che mi piaceva di meno. Io preferisco le gare su giro unico, ma il fatto di dover fare più giri stavolta mi consente di prendere come riferimento concorrenti che sono avanti e tengono un passo simile al mio. Inoltre giro dopo giro posso confrontare il tempo ed il passo negli stessi punti e questo mi permette di rimanere praticamente costante per tutta la frazione.
Giro dopo giro le gambe continuano a reggere bene, lo stile è osceno come sempre, ma i tempi sono confortanti e non accuso dolori.
Al penultimo giro per me (ed ultimo per lui) incontro Marco ad un punto di ristoro. Riusciamo anche a scambiare 2 parole prima di ripartire. Sto ancora bene, ma so che la stanchezza sta arrivando.
L’ultimo giro è duro, la stanchezza sembra arrivata tutta insieme, sono riuscito a nascondere l’ultimo gel in qualche parte segreta del body e non viene fuori e banane e sali hanno poco effetto adesso.
Ma ormai manca poco, stringo i denti e finalmente arriva la discesa finale e poi il traguardo. E con il traguardo la meritata medaglia di finisher.
Non c’è nessuno ad aspettarmi stavolta, così niente foto e niente abbracci, mi consolerò sul tavolo del ristoro.

#Il metabolismo: l’altra faccia della medaglia

La giornata inizia alle 4.30, decisamente male. Glicemia già alta per i miei standard (150) e la freccina in su non è di buon auspicio.A dire il vero la glicemia al riscveglio era stata alta tutta la settimana precedente, forse per lo scarico, forse per la tensione crescente, per questo motivo il valore non mi spaventa più di tanto, anzi penso che un po’ di riserva può far comodo.
Faccio il mio solito bolo pre-gara di 2U (una riduzione del 50% del bolo standard) e colazione con caffè e latte e i consueti 100g ca di pane con un velo semitrasparente di marmellata e crema di nocciole. Ma il pane non è il solito e anche la marmellata e la crema di nocciole sono diverse, così la glicemia continua a salire, anzi s’impenna.

All’ultimo controllo in zona cambio, prima di infilare la muta siamo a 370. Mi dico di star tranquillo che tanto scenderà, come sempre, durante la frazione di nuoto.
Accuso parecchio il nuoto, ma la glicemia non scende come speravo, anzi è più alta di quando sono partito: in T1 è 442 e sì che ho pure fatto 200 m in più del dovuto.
Inizio così la frazione bike con glicemia alle stelle. Avevo pianifiato integrazioni ogni 20-25 Km, salto le prime due aspettando che la glicemia si normalizzi, ma non succede e tra salita dura, discesa con i freni sempre tirati e la pioggia che continua a cadere, comincio ad essere stanco e le gambe fanno fatica a spingere la bicicletta in quel pantano.
A questo punto scatta la seconda giusta decisione della gara: mi dico: “… STE, le gambe non girano ed hai fame, non pensare ai valori di glicemia, dai al tuo corpo quello che gli serve e soprattutto… goditi la gara”.
Così mangio la barretta meno zuccherina (un minimo di coscienza è rimasta accesa) ma anche più appetitosa che ho, spengo la modalità “bravo atleta diabetico” e cerco la posizione più comoda sulla bicicletta.
Forse per il normale consumo, forse per la ritrovata serenità, la glicemia comincia finalmente a scendere, prima 350 poi 283 e 217 al punto che in T2 sono a 163
Il problema è che adesso che ha cominciato a scendere, sento che lo fa anche troppo velocemente e così passo tutta la frazione run a mangiare banane, mandar giù gel e glucosprint e bere sali. Però almeno questo è uno scenario che conosco e so gestire così la glicemia rimane pressochè costante. Non faccio altro che superare ragazzi e poi ritrovarmeli di nuovo davanti dopo il rifornimento. Per fortuna che le gambe hanno ripreso a girare perché con il tempo perso ai rifornimenti avrei fatto almeno un altro kilometro.
A fine gara la glicemia è a 142 Considerati i presupposti in fondo non è male.

Conclusioni

Risultato finale: Rispetto al mio primo 70.3 alla fine ho guadagnato più di 30 minuti (05:56:04). Ok, il percorso era un po’ più corto e meno duro, ma le condizioni meteo non erano per niente facili. Considerando come ero arrivato alla gara, sinceramente non me lo aspettavo.

Frazione Swim: La tensione, lo scarso allenamento e le pochissime uscite in acque libere si sono fatti sentire. Considerato il numero degli schiaffi presi durante il persorso e l’andamento a zigzag tenuto che mi ha fatto fare ca 2100 mt direi che non è andata male.

Frazione Bike: Potevo far meglio? Sicuramente, ma potevo anche scivolare sul bagnato come ho visto fare a molti e chiudere lì la gara.

Frazione Run: Forse essermi risparmiato nel percorso in bici mi ha portato a star bene nella corsa. Alla fine ho corso negli stessi tempi in cui avevo corso la mia unica 21 km di quest’anno ca un mese prima.

Transizioni: Praticamente sono stato quasi 10 min in T1 e ca 5 min in T2. Se ci fosse stato un bar avrei preso pure un cappuccino ed una brioches. Dovrei lavorarci, ma forse è anche questo che mi fa preferire questo tipo di gare rispetto a quelle più corte.

Gestione della glicemia: Direi pessima, condizionato dalla paura di finire in IPO e forse troppo abituato a vedere valori alti e forti oscillazioni nelle ultime settimane, non ho considerato a sufficienza il forte effetto che ha per me la tensione della gara. Quando sono riuscito a rilassarmi ho poi pagato la poca integrazione precedente. Mi piacerebbe che non fosse così, ma devo ammettere che Il discreto valore di fine gara è stato casuale ed è stato poi vanificato durante il rientro dalle potenti integrazioni preparate per recuperare e non bilanciate da un bolo adeguato. Il tutto, unito ad un bolo eccessivo fatto in auto sulla strada del ritorno ha portato inevitabilmente alle IPO registrate in serata.

Sistema Freestyle: Ho utilizzato per la prima volta il sistema in occasione del mio primo 70.3 preoccupato di controllare la situazione in una gara che prevedevo sarebbe stata lunga e difficile. Forse i valori elevati che ha registrato questa volta non erano completamente attendibili (almeno così ho pensato durante la gara e spero adesso), ma sinceramente credo che in gara farei davvero fatica a rinunciarci. Mi da sicurezza, apprezzo la facilità della misura e le indicazioni sul trend che offre per me sono più utili della precisione valore assoluto delle singole misure. Altri aspetti, come l’adesività o la frequenza dei guasti sono sicuramente migliorabili.

Insulina basale: Nei giorni precedenti ho mantenuto la quantità consueta e l’orario consueto, se avessi fatto una variazione, probabilmente sarebbe stata in riduzione, meglio così. Tresiba mi era stata prescritta nel tentativo di diminuire la variabilità nei valori della mia glicemia. Dopo quasi un anno di utilizzo ho l’impressione che sia un valido strumento per mantrenere costanti i valori della glicemia, ma che quando questri valori si stabilizzano troppo alti (o troppo bassi) poi è ancora più duro intervenire per correggere la situazione.

Day After: Se il primo obiettivo della gara era finirla sufficientemente bene da potermi poi allenare in tranquillità nei giorni successivi, a questo punto posso tranquillamente dire che è stato centrato.

Il giorno dopo alle 6.30 ero già in bici per un giretto sciogligambe di una trentina di km e poi ho ripreso rapidamente il normale andamento swim-bike-run con una buona voglia.
Non solo, il giorno successivo anche l’andamento della glicemia è stato tra i migliori registrati nell’ultimo periodo e, tranne qualche momentanea e motivata oscillazione, si è mantenuto discreto per diversi giorni.