Fase 1: “IL RITORNO AL TRAIL DI LUNGO CORSO”
22 FEBBRAIO 2016 – 10 APRILE = TOT. 7 SETTIMANE = 21500d+
Si riparte … fase 1: ritrovare l’adattamento muscolare, fisico e mentale alla corsa natura di lunga distanza.
Un po’ alla volta, senza commettere errori “fatali” e cercando di recuperare il “miglior Cristian”, quello che solo 4/5 anni fa credeva di avere ancora qualcosa da dire nel “Trail” … il tutto ovviamente contestualizzato alle proprie limitate “potenzialità”.
- PDF SETTIMANA 1.1 [22>28 FEB 2016]
- PDF SETTIMANA 1.2 [29- FEB>6 MAR]
- PDF SETTIMANA 1.3 [7 MAR > 13 MAR]
- PDF SETTIMANA 1.4 [14>20 MARZO]
- PDF SETTIMANA 1.5 [21>27 MARZO]
- PDF SETTIMANA 1.6 [28 MAR>3 APR]
- PDF SETTIMANA 1.7 [4 APR>10 APR]
Dopo un autunno-inverno tribolato, inutilmente dedicato alla maratona su strada, con mancanza di prestazionalità, successivo sovraccarico e alla fine problemi irreversibili alla schiena, da metà gennaio ho ripreso a correre con continuità e dal 22 febbraio ho iniziato ufficialmente la mia “offroadmap” alla PTL … Così sono sei mesi tondi tondi.
Scrivo queste righe postume, utilizzando gli appunti, i ricordi, ma soprattutto i dati, perchè i numeri non mentono.
Rimane un esercizio “autoreferenziale” con licenza di interesse e utilità per il curioso lettore: non si vuole qui trattare di “perfetto programma di allenamento” o “modello ed esempio di imperfetto metabolizzatore di zuccheri a insulina esogena” ma semplicemente raccontare con auspicabile acutezza una preparazione “alla come riesce” per una prova di montagna da 300 km e 26000 d+ in quasi totale autonomia.
Atleticamente:
L’obiettivo minimo era tornare a reggere un ultratrail da 70 e più km e 4000 e più d+. Quello massimo riuscire non solo a reggerlo, ma a correrlo al meglio.
Mi sono posizionato nel mezzo. Nel senso, che ho ritrovato buone sensazioni e continuità, ma non sufficiente condizione per reggere i ritmi da me ambiti sulle lunghissime distanze.
7 settimane, 70 ore di corsa 535 km e 21500 mt di dislivello positivo oltre a 15 ore di bici… per gli amanti delle statistische una media di circa 40 mt di dislivello per km percorso e di 800 mt di dislivello per uscita.
Ho retto “carichi” abbastanza importanti, pur essendomi imposto di non fare più di 4 allenamenti settimanali.
Non ho messo giù nessun programma di allenamento … Navigo a vista cercando di variare i lavori e di mettere un po’ di qualità … Qualche ripetuta, qualche fartlek oppure corsa in salita continua veloce. Ma tutto molto easy. Giusto per richiamare la velocità perduta, svegliare il cuore e provare un po’ di sano atletismo. E ce l’ho ancora.
Quello che mi manca e’ sempre il motore aerobico … Le sparate le reggo, il fondo lentissimo pure, mi mancano lento veloce e cambi di ritmo in sequenza… Che è quello che serve nell’ultra trail.
Ho inserito una buona serie di uscite tra le 5 e le 8 ore fino a 3000 mt di dislivello, sempre in solitaria, su percorsi non troppo scorrevoli con prevalenza di pista monotraccia. Ho toppato alla grande solo il primo lungo, dove ho sbagliato completamente i ritmi, mentre le altre prove mi hanno dato positivi riscontri. Ovviamente in un programma così “schiacciato” ogni errore lo paghi, e poi devi scegliere se saltare un’uscita programmata o inserirla ma senza il tempo per recuperare le forze.
Ho usato sporidicamente il cardio ma ho capito che nell’ultra trail debbo stare tra i 140 e 150 bpm.
Certamente, come ha dimostrato la prova alla BVG Trail, e il mio passato sportivo, le preparazioni troppo affrettate ti fanno trovare una velocità illusoria, che poi non reggi in gara. Alla BVG avrei dovuto finire nei primi trenta per come procedevo all’inizio, ma poi la mancanza di adattamento all’endurance veloce si è fatta sentire con annessi e connessi.
Devo chiarirmi le idee: qual è il mio obiettivo? Non si può pensare in sei mesi di diventare veloci e reattivi per corse fino alle 10 ore di durata e allo stesso tempo uomini da endurance estremo per ultratrail da 200 e più chilometri. Ci vorrebbero tempra, geni e adattamento fisiologico che non possiedo.
Tra i dati statistici raccolti, ho inserito la percentuale di allenamenti con sensazioni positive, neutre e negative … nel 75% dei casi ho concluso le uscite con forza ed entusiamo, senza dubbio indice di una preparazione armoniosa, felice e corsa con piacere nella fatica. Sono comunque sulla buona strada, anche se con l’avanzare della bella stagione dovrò vedere come conciliare gli aumentati ritmi e stress lavorativi con allenamenti, recupero e divagazioni varie, ivi incluse poche ore di sonno.
Per ora cerco di non pensare ai lunghi percorsi … Solo a stare bene, evitare infortuni e trovare una buona forma riabituando muscoli e mitocondri alla corsa di resilienza in natura. L’adattamento fisiologico a tutte le situazioni è fondamentale.
Calzature: il dato è tratto … per i lunghi le Tecnica Inferno 2.0 risuolate Vibram mega grip alternandole al bisogno con le Tecnica Inferno 3.0. Vedremo più avanti quale scarpa utilizzerò alla PTL. Sicuramente la più comoda, visto che per la maggior parte del tempo si “camminerà”.
Sto verificando anche tutto l’abbigliamento per capire cosa indossare, cosa tenere nello zaino, nella borsa alla base vita, e i capi migliori per ogni situazione ambientale.
MOTIVAZIONALMENTE … la voglia c’è, le buone intenzioni pure, la determinazione anche. Resto però lucido e equilibrato, nel senso che non voglio cadere nella trappola dell’obiettivo “totalizzante”: ce la metto tutta, e farò l’impossibile per prepararla al meglio e finirla, ma niente “talebanismo” nello sport: il fanatismo non appartiene al mio modo di essere. Se questo limita le mie performance, me ne farò una ragione. Sicuramente soffro di qualche calo di concentrazione, e io se non sono concentrato, faccio male e combino guai. Me lo diceva anche la mia professoressa di diritto ed economia.
Sicuramente allenarmi quasi sempre da solo dovrebbe aiutarmi nella costruzione di una bella riserva di forza mentale.
METABOLICAMENTE … Nei miei appunti leggo: “Metabolizzare la raccolta dati e utilizzarla intelligentemente”. Cerco di farlo, ma il tempo per leggere e interpretare i numeri è poco, spero di farlo, subconsciamente, un po’ a mia insaputa.
Lo specchietto riassuntivo e i diari settimanali bastano a farsi un’idea del mio “mood” metabolico, ma lascio comunque alcune mie osservazioni.
La mia terapia prevede di default 5 iniezioni al die (2 di basale, 3 ai pasti principali) dunque basta una correzione per alzare la media (5,8) E nelle ultime settimane ho dovuto spesso porre rimedio a qualche iperglicemia di troppo.
Il problema è sempre la concentrazione. Se mi distraggo un attimo, perdo il filo del discorso e salta tutto. Per fortuna che l’esperienza e le abitudini in background mi aiutano a contenere i danni da pressapochismo.
Il mio assetto lipemico non mi rende giustizia, nonostante 70 e più di colesterolo buono, il 9% di massa grassa e il peso ai minimi storici … 67 kg ….
Cosa fare più di così? I geni non ce li possiamo scegliere. L’anamnesi familiare non lascia speranze …
Riuscendo a gestire ancora lavori di qualità e allenamenti relativamente veloci, e facendo sport bici inclusa 6 gg su 7, quasi sempre, posso permettermi una basale piu’ tirata, anche se “storicamente” le preparazioni alle ultrarace (vedi UTMB 2013) mi porteranno ad aumentare il fabbisogno insulinico giornaliero complici gli aumentati apporti energetici (40-50 gr di cho pro die in piu’) unitamente a ritmi lenti che meno intaccano le scorte di glicogeno e l’utilizzo dei substrati aerobico-glucidici.
Attualmente ho un fabbisogno insulinico complessivo di 40 ui con un rapporto 60% bolo 40% basale. Ma è quella che mi serve, anzi forse me ne serve un po’ di piu’.
Da un punto di vista prettamente “glicemiologico” la media generale (122 mg/dl) e nelle varie fasi, sport incluso, non rispecchiano la glicata …ovvero con queste medie dovrei essere tra il 6 e il 6.5% invece l’ultima mi dice 7.2%.
Con l’uso del sensore Freestyle (che spiega anche l’aumentato numero di rilevazioni glicemiche giornaliere) ho capito che non gestisco bene i pasti con nutrienti ad alto indice glicemico (anche se non voglio diventare un guerrafondaio dell’IG …Tutto si può gestire, servono moderazione e qualche trucchetto) e ciò mi fa passare per over 200 anche se dopo le due ore e trenta la glicemia rientra. La deviazione standard non perdona. Se a ciò aggiungiamo qualche errore di troppo, tutto torna (o è il laboratorio a sovrastimare?)
L’11% di iper sul totale delle rilevazioni è un segnale.
Per contenere le iperglicemie postprandiali a colazione ho ripreso ad anticipare il bolo di almeno 30 minuti prima di mangiare e così riesco ad arginare l’effetto. Cose già testate, ma che poi mi dimentico di riportare al mio quotidiano.
Per le iperglicemie pomeridiane invece ho aumentato la basale di mezzogiorno ma altresì debbo contare bene e soprattutto consumare pasti equilibrati senza grassi … Altrimenti una volta su due dopo le 17 sale e mi ritrovo da 75 mg/dl a 180 e più prima di cena (dusk phenomenon).
Poche e lievi le ipoglicemie, rarissime o assenti in attività fisica.
L’aumentata sensibilità all’insulina post exercise nel mio caso è un “fior di vita” che si esaurisce nelle ore successive e con influenza al massimo del 10/15% ovvero niente, specie se teniamo presente che dopo un allenamento di parecchie ore e intenso uno mangia davvero tanto, e con rapporto insulina cho 1:10 c’è poca tolleranza. Se mangio 180 cho e lo copro con un bolo prudenziale da 15 ui invece di 18, rischio il piu’ delle volte comunque di ritrovarmi alto nel post prandiale. Quindi niente braccino.
Altro dato interessante è il differenziale tra bolo effettivo e bolo teorico. Il primo è quello realmente somministrato in base alla propria gestione, il secondo è quello che avrei dovuto somministrarmi in base al mio rapporto i:cho e ai carboidrati assunti.
Dati da indagare con calma, ma che denotano spesso un impatto zero dell’attività fisica sulla sensibilità all’insulina.
Nel mio foglio elettronico sono riuscito anche a stimare le necessità di integrazione per km e per ora in termini di cho, rispettivamente di 1,4 gr e di 15 gr.
Il fatto che percorro mediamente 40 mt di dislivello per km di allenamento mi aiuta anche ad adattare il consumo al dislivello da affrontare, non solo a distanza e tempo.
Sono dati empirici, ma utili per sapere quanti integratori portarmi al seguito in base a durata e tipologia di impegno. Almeno ho una base di partenza e non debbo andare a caso o utilizzare formule teoriche non sperimentate sul campo e applicate al mio fisico.
Ho calcolato anche la distanza di tempo che mediamente intercorre dall’ultimo bolo prima di ciascuna attività fisica (media 3h40). Ovviamente tenere a debita “distanza” il bolo dall’inizio dell’attività fisica ci aiuta a meglio prevedere le risposte glicemiche, neutralizzando gli effetti in coda di bolo, anche se per quello che mi sto allenando a fare, dovrò imparare a smanettare sui boli anche durante l’attività fisica e dunque dovrò provare a identificare un rapporto insulina:cho adeguato alla fase sportiva (che stimo quadruplicato, ovvero da 1:10 a 1:40) e a gestire lo sforzo con picco d’azione dell’analogo ultrarapido.
Eat, Bolus & Run … Bolo in attività fisica dunque? YES MAN.
Siamo dei dopati per definizione … E allora sfruttiamo l’insulina per assimilare tutto quello che mangiamo, nel prima nel dopo e nel durante …
Il bolo di insulina ultrarapida in attività fisica troppo spesso viene considerato (e per lungo tempo l’ho fatto anch’io) come fosse ultima risorsa cui ricorrere, una bomba atomica, da usare solo in caso estremo. Insomma tutti a ridurre, o addirittura ricorrere al non uso per la paura dell’ipo.
Considero sempre più l’analogo ultrarapido un modulatore “convenzionale” da usare con ordinarietà anche quando di mezzo c’è lo sport di endurance, avendo ben presenti efficienza fisica, tipologia di sforzo, livello di allenamento, abitudine al gesto.
Altra opzione che non considero è lo stoppare l’insulina. Primo perchè non avendo il micro non posso fare “pump off”, secondo perchè voglio SEMPRE insulina in circolo, SEMPRE! Dunque una bella basalizzazione di fondo.
E’ alla base del funzionamento del nostro metabolismo checchè ne dicano a proposito del fatto che l’insulina blocchi la lipolisi… La questione è molto più complessa.
Dunque sto imparando non solo a sfruttare la sinergia basale / attività fisica (che fino ad oggi ha costituito il mio credo metabolico e sportivo) ma a sfruttare al bisogno il bolo di analogo ultrarapido durante lo sforzo, soluzione che va gestita con oculatezza, ma se lasciamo a casa le paure, possiamo migliorare la nostra performance usando scientemente l’insulina esogena a nostro vantaggio. Più avanti anche di questo tratterò. Prima debbo fare alcune verifiche sul campo OLTRE a superare il vaglio della Commissione AntiDoping del Coni.
Nei commenti alle successive fasi approfondirò meglio questi ed altri aspetti. Sempre senza pretesa di verità, di pontificazione e nella speranza che in giro ci siano specialisti e atelti con diabete di tipo 1 che sanno fare questo tipo di analisi in maniera scientifica, consapevole con qualità e contenuti assai migliori dei miei.
NUTRIZIONALMENTE … per questioni di “sostenibilità”non sono in grado di gestire un diario alimentare completo. Mi limito a contare con la minor approssimazione possibile il totale dei cho. So che non basta, ma da solo, con il tempo che ho e con i ritmi di vita di un padre di famiglia lavoratore medio più di così è impossibile e reggere un’anamnesi completa ed esaustiva richiederebbe uno staff al tuo fianco “acca 24” che pesa, registra e annota tutto. E poi leggerlo è di una noia mortale. Già bastano queste righe a “stufare” il lettore medio prima di arrivare a metà.
Valuterò magari di tenere un diario alimentare completo durante qualche giornata di allenamenti importanti in modo da valutare anche il rapporto dei nutrienti e soprattutto l’apporto calorico.
Per ora accontentiamoci dei fottuti Carboidrati … Più mi alleno e più mangio …nelle settimane di carico la media giornaliera di cho supera abbondantemente i 300 gr di cho rispetto ai 260-70 delle giornate normali.
Mangio di piu, dunque più insulina …. A parità di rapporto insulina carboidrati considerato.In proporzione aumentano anche grassi e proteine, dunque l’apporto calorico cresce notevolemente anche perchè sgranocchio frutta oleosa a go go ogni volta che avvisto una busta di nocciole piemontesi o di mandorle tostate siciliane nella dispensa.
