Dolomiti Brenta Trail

Luisa @ DBT 9 settembre 2017

 

09 SETTEMBRE 2017 • DOLOMITI BRENTA TRAIL • MOLVENO (TN)
65 Km + 4300 m

“Fai quello che stai facendo nel migliore dei modi. E non lamentarti.”
(G. I. Gurdjieff)

Dopo mesi di allenamenti e gare dedicati al Trail, nei quali progressivamente ho implementato Km e dislivello, alcuni amici iniziano a punzecchiarmi…suscitando in me il desiderio di “alzare l’asticella” ed iscrivermi ad una gara di “maggior livello”. Tra i responsabili del mio gesto atletico del 9 settembre 2017, ringrazio Cristian Agnoli (presidentissimo del Team Diabete No Limits Italia e caro amico), Doc Andrea Benso (staff medico Team DNL che sempre mi segue e mi incita con qualche SMS), Irene Zamboni (forte atleta della mia zona, con la quale nel mese di luglio ho condiviso la Rosengarten Sky Marathon e ad agosto un piacevolissimo allenamento in Lagorai) e Matteo Crivellaro (uno dei simpaticissimi atleti del gruppo Gente Fuori Strada con cui ho affrontato l’Eroica ai primi di agosto, percorrendo alcuni tratti assieme). Ringrazio davvero questi personaggi per avermi dato la spintarella che stavo aspettando! Ahahaha!!!
Avevo deciso da diversi mesi che avrei percorso la “corta” (45 Km +2900 m) del Dolomiti Brenta Trail; a metà agosto contatto uno degli organizzatori della manifestazione e modifico la mia iscrizione passando alla 65 Km +4300 m.
Nel mese di agosto accuso stanchezza accentuata dal caldo: i miei allenamenti subiscono un calando anche se nelle gambe accumulo Km con “L’Eroica – edizione 0” ad inizio agosto (si è rivelato un prezioso allenamento di gruppo con uno sviluppo di 75 Km +4300 m) e con un paio di allenamenti lunghi a metà agosto (30 Km +2000 m) e a fine mese (40 Km +2500 m).

La frase che questa volta ho scelto per introdurre questo racconto è breve, ma molto chiara: avevo bisogno di pochi giri di parole per dare il via a questa gara. Credo non ci sia nemmeno la necessità di dilungarsi nel commentarla… prevedevo che in 65 Km di gara avrei potuto incappare in qualche difficoltà, di vario genere, non necessariamente legata all’andamento glicemico anche se questo aspetto ovviamente è quello che suscita le “ansie” pre gara con diversi interrogativi… sempre… E allora, se si incontra una o più di una difficoltà, cosa si fa?! Nell’immediato, solitamente, è istintivo per chiunque “lamentarsi” (occhi che si “rebaltano” all’indietro… pensieri, parole, magari con annesse imprecazioni!), ma la lamentela non migliora di certo le situazioni, anzi ha il potere di bloccarci focalizzandoci esclusivamente su ciò che non va senza pensare con lucidità alle migliori possibilità di problem solving. Piangersi addosso, arrabbiarsi, in situazioni avverse non aiuta e non facilita eventuali risoluzioni. Pensare positivo, essere fiduciosi e darsi da fare per affrontare al meglio la contingenza ha la possibilità di esserci di sostegno e magari segnare una svolta. In questo Dolomiti Brenta Trail ho sperimentato proprio questo in prima persona nelle prime ore di gara, nelle quali si sono presentate alcune difficoltà, esclusivamente sul piano metabolico. Di questo parlerò in seguito.

A DUE GIORNI DALLA GARA
Mancano un paio di giorni al Dolomiti Brenta Trail, alla mia gara più impegnativa. Mi trovo a percorrere i corridoi di una RSA, per motivi professionali. Mi accingo a chiamare l’ascensore per ritornare al parcheggio: ho finito il mio lavoro per oggi. Noto molti anziani, ordinatamente seduti immobili sulle sedie a rotelle, ammutoliti ed attenti ascoltano una canzone… ma io questa canzone la conosco… ricordo a memoria le parole… mi paralizzo di fronte alla porta dell’ascensore e decido di fermarmi lì perchè io quella canzone, dopo tanti anni, la voglio risentire tutta…

La Madonina
Che dolcezza nella voze de me mama
quando ‘nseme s’arivava al capitel
la polsava ‘n momentin,
la pregava pian pianin.
E alla fin la me diseva: “vei che nem,
ve saludo madonina, steme ben.”
Do violete profumade ‘n primavera
qualche volta ‘n goz de oio nel lumin.
Tanti an è za passà
quasi gnente gh’è restà.
Ma mi sento ancor la voze… “vei che nem,
ve saludo Madonina, steme ben.”
E’ restà en tochetin de Madonina
ma che ride quando lì ghe cioca ‘l sol
el fis-cieta n’oselet
proprì ‘n zima, sul muret.
Quella voze benedeta ancor a vegn:
“ve saludo Madonina, steme ben.”

Il testo, la melodia, mi riportano nel cortile di casa mia dove sono cresciuta, nel quale nei primi anni ’80 intrattenevo mia nonna ed altre anziane vicine di casa cantando… ed una delle mie canzoni preferite era questa di cui conoscevo a memoria le tre strofe. Cantavo immaginandomi quella Madonina e la immaginavo in un ambiente montano, incastonata nella roccia. Davanti all’ascensore, improvvisamente, a raffica sopraggiungono molti ricordi connessi a quel periodo della mia vita e al tema spirituale. Quando cantavo la “Madonina” dovevo trattenere una sorta di emozione suscitata dal fatto che comprendevo bene la dolcezza del testo ed il suo contenuto. Trattenevo la commozione perchè nel cortile dove mi esibivo, solitamente dopo cena, all’imbrunire, sapevo che la mia mamma e il mio papà, silenziosamente mi stavano ad ascoltare dal nostro balcone e la percezione della loro presenza mi rendeva ancora più vulnerabile. I ricordi si susseguono e mi pietrifica la loro nitidezza. Mi rivedo all’Ospedale pediatrico di Trento, allora collocato sopra Port’Aquila: la fontana con i pesci rossi all’esterno davanti alla gradinata che conduceva all’ingresso. Le scale interne, il corridoio lungo e luminoso alla destra del quale erano posizionate le sedie per l’attesa e sulla destra le porte dei vari ambulatori. In una di queste visitava la mia adorata dottoressa Leveghi, quella sorridente, dall’impeccabile caschetto moro. In fondo al corridoio, nelle mie attese, svoltavo a sinistra, la luce proveniente dalle finestre svaniva e mi avvicinavo ad una porta sulla destra: la porta della cappella. Mi piaceva quel luogo piccolo e silenzioso in cui sentivo con delicatezza e al contempo con forza che lì dentro era racchiuso il senso ed il mistero della mia esistenza e di quelle altrui. Ne uscivo con un senso di pace e serenità…. I bambini alla fine non hanno bisogno di tanti catechismi e preghiere recitate mnemonicamente… certe cose si sentono, si sentono nella pancia e nel cuore, sin da bambini… indipendentemente dalla propria religione o credenza spirituale. Mi invade anche un ricordo anche olfattivo: l’odore dei biberon sterilizzati dell’ospedale… mi si è inciso nelle narici… ma questo è un ricordo che non riesco a collocare temporalmente. E sopraggiunge poi il ricordo di suor Janete, quella piccola, gentile ed autorevole suora brasiliana, che mi ha avvicinata al Cristianesimo con semplicità, con il dialogo, trasmettendomi il senso della gratitudine per tutto ciò che ci circonda. E’ stata lei, vera educatrice senza tante lauree, a prepararmi alla Prima Comunione, facendomi recitare una preghiera di ringraziamento a Dio. Così recitava la preghiera che Suor Janete ha scelto, non a caso, per me: “Dio, ti ringrazio per la salute che mi hai donato.” Una delle mie prime e più incisive lezioni di vita: è stata lei per prima a spiegarmi quanto vasto sia il concetto di “salute” e quanto fossi fortunata ad avere un corpo che mi dava la possibilità di condurre una vita come quella di tanti altri (con la terapia insulinica multiniettiva a vita, seguendo una dieta equilibrata e tutti gli accorgimenti del caso). E ricordo la reazione di mia mamma quando, ritornata a casa, ha letto il testo della preghiera che Suor Janate aveva scelto per me: si arrabbiò tantissimo, le sembrava una presa per il culo che io dovessi leggere in Chiesa una preghiera simile. Così piangendo le spiegai l’insegnamento di Suor Janete e pianse anche lei… perchè aveva compreso.

La canzone finisce, salgo in ascensore ovattata da tutto quello che mi è arrivato in modo inaspettato e ad una velocità assurda, esco dalla RSA, avvolta dal calore e dalla forze di questi ricordi che non a caso credo siano giunti a due giorni dalla Dolomiti Brenta Trail.
Parto per la mia gara con tutti questi doni, che mi appartengono e che sento essere benzina allo stato puro.

IL GIORNO DELLA GARA
Sveglia ore 3.30. Glicemia, colazione, insulina. Mi vesto, preparo le ultime cose, mi metto alla guida e raggiungo con calma Molveno. E’ ancora buio. Alle 5.30, dopo un breve rilassamento sul sedile della mia Fiat 500, vado in bagno ed incontro alcuni ragazzi del gruppo Gente Fuori Strada, con i quali ho percorso l’Eroica il mese precedente. Sono ragazzi che vivono la competizione divertendosi. Entro in griglia con loro: la loro allegria è contagiosa ed è quel che ci vuole per sciogliere la tensione che inizia a farsi sentire. Frontali accese, controllo del materiale obbligatorio, siamo in griglia, qualche foto prima dello start. Il conto alla rovescia. Si parte!!! I primi Km fino ad Andalo sono corribili, senza esagerare. Procedo con i ragazzi di Gente Fuori Strada che chiaccherano e sparano cazzate a raffica. Gradualmente ognuno prende il proprio passo e in modo naturale li perdo di vista. Cerco il mio ritmo, il mio passo. Parto in iperglicemia e la cosa non mi fa granchè piacere perchè io sostengo sempre che partire con il piede giusto sia la cosa migliore. L’adrenalina ha avuto la meglio: ha impennato la glicemia. Mentalmente mi dico “Stai calma, procedi, senza esagerare.” Decido di non fare l’aggiunta di insulina rapida perchè, consumando glucidi, è probabile che la glicemia scenda da sola. Inizia la salita, prendo i bastoncini dallo zaino e procedo, bevendo qualche sorso d’acqua perchè l’iperglicemia ha provocato una forte secchezza in bocca. Arrivo al primo ristoro dopo circa un’ora. Monitoro la glicemia e vedo una cosa che non mi piace: il sensore mi indica 334 di glicemia, la glicemia capillare invece è 187 (è il valore più attendibile). Insomma una differenza enorme, dettata probabilmente dalla velocità con cui è variata la glicemia. Comunque bene: la glicemia è scesa a 187 (come avevo immaginato)! Integro e avanti! Dopo altri 50 minuti di gara un’altra sorpresa: glucometro e sensore fuori gioco dal freddo fino ad ore 9.30. Procedo comunque, ovviamente! Decido di continuare ad integrare con circa 33 g CHO pro ora. Le condizioni non mi stanno esaltando: il glucometro fuori uso, procedo nella nebbia bassa e fitta che impedisce una buona visibilità nonchè la minaccia di pioggia… In questo frangente si inseriscono pensieri del tipo “Beh, eventualmente mi ritiro!”… La mia mente vorrebbe sabotare la gara!? Ma che cavolo vado a pensare! No che non mi ritiro! Non c’è un motivo valido! Avanti! Al secondo ristoro il glucometro riprende a funzionare: fantastico! Questo mi solleva. E la glicemia è 179: vuol dire che nel frattempo ho integrato adeguatamente. Bene. Dopo questo ristoro mi sento molto meglio: più rilassata e più determinata e convinta. Ed anche il meteo sembra migliorare: tutto a favore! Inizio a godermi la gara ed il panorama. Poco dopo, vedo gli amici Marzia e Giorgio che, come promesso, sono lungo il sentiero a fare il tifo a me e ad altri concorrenti. Li guardo, li saluto di striscio e tiro dritto dalla commozione. Procedo verso il Passo Grostè, dove al rifugio Graffer c’è la mia famiglia che mi aspetta. Con grinta affronto le salite, inizia a piovere, mi metto la giacca e via. Decisa e con il mio buon umore procedo con passo svelto: quanto mi piace!!!. Arrivo al Passo Grostè: c’è vento, procedo in direzione del rifugio quando vedo un uomo venirmi incontro… lo riconosco bene… e grido “Papà!” Lui mi sorride, mi chiede come sto, lo rassicuro che tutto sta procedendo bene, mi esorta a scendere verso il rifugio. Trattengo l’emozione e corro come una matta verso il Graffer. La strada sterrata e nuda che scende, l’emozione di incontrare a breve Elia, Michele e mia mamma che è presente ad una mia gara per la prima volta. Vedo il rifugio, poco prima uno striscione “Forza mamma Luisa!”, Elia con la campana rossa corre con me fino alla panchina dove mi siedo a mangiare mezzo panino al prosciutto. Questo è stato il ristoro in cui ho sostato più a lungo. Incontro alcuni ragazzi di Gente Fuori Strada, li presento alla mia famiglia. Poi saluto anch’io, dopo qualche foto ricordo, e via! Mio fratello mi sta aspettando al Rifugio Brentei: anche lui presente per la prima volta ad una mia gara. Il sentiero scende per poi risalire al Rifugio Tuckett. Qui il ristoro è allestito all’interno: con calma bevo e mangio. E poi via: mio fratello Valerio mi sta aspettando al Brentei! Prima del Brentei devo integrare perchè la glicemia ha valori prossimi all’ipoglicemia. Sento che inizio a faticare nel mangiare, però mi sforzo perchè è necessario. Vedo il Brentei. Mi avvicino correndo, cerco con lo sguardo mio fratello. Lo vedo seduto su un sasso ad aspettarmi. Mi fermo davanti al tavolo del ristoro, lui si avvicina e mi scocca un bacio sulla guancia. E’ lì per me… ed è tanto!!! A fatica mangio, spero di non vomitare: la sensazione allo stomaco inizia ad essere un po’ fastidiosa. Saluto i volontari presenti al ristoro e li ringrazio. Con Valerio ci avviamo verso Bocca Brenta. Chiaccheriamo, gli racconto brevemente com’è andata la mia gara fino a lì. Ammiriamo le montagne, nonostante le nubi. Ci immortaliamo in una foto ricordo. Lui è contento di stare in montagna: da quando ha ristrutturato casa ha tralasciato corsa, montagna, lo sport in genere. Lui che è sempre stato attivo e sportivo. Io lo esorto da tempo a ricominciare e questo Dolomiti Brenta Trail pare lo abbia ingolosito… Arriviamo ai piedi di Bocca Brenta: l’ultima salita, il ghiaione spietato che dopo più di 45 Km di gara pare un colosso da affrontare… Con calma inizio a risalire. Passo lento ma costante. Valerio rimane indietro perchè c’è un concorrente straniero ferito e sanguinante che non vuole fermarsi e non accetta di essere medicato. Valerio con i volontari lo persuadono invano. Arrivo al Rifugio Pedrotti. Fa freddo. Controvoglia devo integrare per concludere la mia corsa. Sopraggiunge mio fratello. Ripartiamo e inizio ad affrontare gli ultimi 15 Km quasi tutti in discesa. Sono convinta che la discesa mi metterà in difficoltà. Sbagliato, Campregher! Sono molto soddisfatta anche dei miei ultimi 15 Km in cui ho corso con tutte le mie forze ed ho corricchiato anche alcune salitelle. Ancora tanta energia ed io sempre più sorridente e contenta!!! Valerio, con ai piedi gli scarponi pesanti, ha faticato in questa parte ma è giunto a Molveno con me. Riprende a piovere, ma poco importa! Quando ho visto in lontananza il lago di Molveno dove era allestito l’arrivo, ridendo ho detto ad alta voce: “Non ci credo, ce l’ho fatta, ce ‘ho fatta!!!” Finisce la discesa, l’ultimo pezzo di gara lungo il lago, l’ultima fatica, vedo Michele ed Elia in lontananza, mia mamma, mio papà, nuovamente lo striscione, gli ultimi metri correndo con Elia che agita la solita campana. Oltrepasso l’arrivo, fermo l’orologio, fermo anche le gambe, rido… sopraggiunge Michele, i miei genitori, poi Valerio. Mi siedo sul prato e condivido la mia felicità. Ritrovo anche i ragazzi di Gente Fuori Strada. Tutti contenti e soddisfatti di questa giornata davvero indimenticabile.

AL TRAGUARDO:
Concluso in 12 ore e 21 minuti.
143esima su 290 partenti (M+F)
15esima su 31 donne.

 

 

METABOLICAMENTE

  • DM1 dal 1982
  • Terapia multiniettiva: Degludec (Tresiba) 15 U – Novorapid 1:20 colazione; 1:15 pranzo e cena
  • Ultima glicata 6.9
  • Il giorno della gara ho usato il sensore Freestyle Libre per il monitoraggio della glicemia.

NOTE

  • l’effetto dell’adrenalina si è fatto sentire nel pre gara e nella prima ora di attività;
  • a colazione non ho aumentato il bolo della colazione perchè nelle prime ore del mattino la glicemia ha sempre un trend in calando e perchè ad ore 3.30 la glicemia era 70;
  • quando ho visto in partenza che la glicemia era alta non sono intervenuta con aggiunte di insulina perchè immaginavo scendesse con il movimento, prevedendo un consumo di glucidi;
  • glicemia capillare e valore del sensore nettamente differenti ad ore 7.00 (forse per la repentina variazione glicemica);
  • a cena ho mangiato la pizza, facendo il bolo per la pizza senza però fare l’onda doppia in quanto il movimento avrebbe probabilmente determinato un trend in calando durante la notte (infatti al risveglio, il giorno seguente, avevo 57 di glicemia).